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Carcere, situazione esplosiva: non solo telefonini e droga, detenuto fuori di sé appicca il fuoco in un ufficio

Due microcellulari trovati sul muro di cinta dell’istituto penitenziario di Campobasso. Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria. Aldo Di Giacomo, chiede un incontro con l’assessore all’Urbanistica: basta parcheggi aperti a tutti nelle immediate adiacenze della struttura


CAMPOBASSO. Seduto comodamente sul letto, una telefonata in completo relax. Un quadretto assolutamente normale se non fosse che la scena è stata catturata dai Carabinieri nel corso di una ‘visita’ non annunciata nel carcere di via Cavour. E, su quel letto, ad intrattenersi amabilmente a telefono c’era un detenuto. Il controllo dei militari ha permesso di trovare anche altri due telefonini, sul muro di cinta dell’istituto penitenziario del capoluogo, entrambi provvisti di scheda telefonica.

Un modus operandi che è noto, che è stato più volte scoperto, e che riguarda, soprattutto, le strutture carcerarie che si trovano nell’abitato cittadino: i telefonini, o altro materiale come le sostanze stupefacenti, vengono lanciati dal di fuori dopo aver definito, con il detenuto al quale deve essere recapitato ‘il pacco dono’ , il giorno e l’ora della consegna.

Solo un caso fortuito il fatto che il lancio, in questa occasione, non fosse preciso: e così i due telefonini con sim, quindi immediatamente utilizzabili per comunicare con l’esterno e, molto probabilmente, impartire ordini, sono finiti sul muro di cinta dove sono stati trovati nel corso della perquisizione che ha interessato la struttura cittadina. Con un microtelefonino, dal carcere, si possono impartire ordini, e di certo non ‘legali’. Si possono definire strategie criminali, si possono studiare metodi per scappare.

Una situazione già di per sé esplosiva, nella quale poi spunta un altro fatto inquietante: la protesta, inscenata da un detenuto solo qualche ora prima del blitz dei Carabinieri, che ha pensato bene di dare fuoco ad un ufficio della struttura penitenziaria.

L’ennesimo ritrovamento e l’ennesima protesta violenta confermano le preoccupazioni espresse già da Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria.

“Ho lanciato l’allarme nei mesi scorsi perché è evidente come siano cambiate le modalità e le strategie dei detenuti nel carcere di Campobasso. E’ ora che la politica e il Dap si interessino di quello che succede negli istituti penitenziari italiani. Questa struttura – rimarca Di Giacomo, davanti all’istituto di via Cavour – era annoverata fra gli istituti penitenziari migliori, oggi è l’emblema di quelle situazioni esplosive che si registrano in quasi tutte le strutture di detenzione.

Ho chiesto questa mattina un incontro con l’assessore all’Urbanistica per cercare di limitare le aree di sosta, in cui tutti possono parcheggiare, almeno nelle immediate adiacenze del carcere perché siamo stati fortunati a trovare quei due telefonini sul muro di cinta. Quanti ne sono arrivati? E quanta droga è stata ‘buttata’ dentro?” si chiede, a ragion veduta, Aldo Di Giacomo che ricorda come, in meno di due anni, la situazione del carcere di Campobasso sia precipitata.

Si appella alla estrema e indiscussa professionalità del nuovo direttore, Rosa La Ginestra, un esempio di gestione illuminata delle strutture carcerarie italiane.

“Sicuramente saprà riprendere in mano le redini della situazione – dice Di Giacomo che ha sempre espresso parole di grande stima per la direttrice del carcere di Larino -; il comandante ha deciso di prendersi un lungo periodo di ferie e oggi abbiamo una dirigenza in rosa visto che si è insediata anche la nuova comandante. Spero che si riescano a risanare la situazione anche se non nascondo che sarà difficile”.

C’è comunque qualche novità: i detenuti che sono stati trovati in possesso dei telefonini e quelli che hanno protestato sono stati trasferiti. E, in più, un’intera ala del carcere è stata adibita a sezione chiusa. Il che significa che vi troveranno ospitalità quei detenuti “che non rispettano il patto con lo Stato” dice ancora il segretario del Spp. Ai quali quindi verrà negata la ‘vigilanza dinamica’.

Essere ‘beccati’ con un telefonino, avere nelle proprie disponibilità, seppure all’interno di un carcere, un mezzo che consente di comunicare con l’esterno non è configurabile come reato.

“Sia i familiari che i detenuti sono responsabili solo di un illecito amministrativo – dice ancora Di Giacomo –, di conseguenza non si rischia nulla, ecco perché le situazioni limite come quelle scoperte ieri sono continue e normali. Abbiamo cercato, su mia iniziativa, nella scorsa legge di inserire un emendamento che prevedesse l’introduzione del reato penale, con sanzioni molto forti. Abbiamo suggerito altri cambiamenti per i detenuti che aggrediscono il personale. Nulla da fare. Questo evidenzia come la politica sia effettivamente lontana dai problemi delle carceri e della sicurezza”.

Non finirà qui per il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria. “MI aspetto altri episodi, la situazione è grave: dalle carceri, ormai, si comanda”.

L.S.

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