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Botte da orbi in carcere, altri telefonini trovati nelle celle: l’ombra delle lotte di potere fra clan criminali

Nuova denuncia del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo. Due agenti feriti nel corso di una scazzottata in infermeria. E nel reparto di alta sicurezza, due detenuti se le danno di santa ragione e finiscono in ospedale


CAMPOBASSO. Altri due cellulari, nascosti ma nelle disponibilità dei detenuti. E poi i litigi, con gli agenti e fra ‘ospiti’, con feriti trasportati in ospedale. Un copione già letto, sul quale il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, ha fatto il punto.

Situazione esplosiva, nonostante gli ‘accorgimenti’ presi dalla dirigente Rosa La Ginestra e dalla  comandante che si sono trovate a dover fronteggiare anche gli episodi di violenza che si sono consumati in questi giorni.

Prima il ritrovamento di altri microtelefonini, utilizzati dai detenuti per comunicare con l’esterno. Poi due detenuti, che erano in infermeria, hanno prima cominciato a litigare fra di loro e poi, quando gli agenti in servizio sono intervenuti per sedare gli animi, hanno riversato su di loro rabbia e violenza. I due agenti sono finiti in ospedale, per uno di loro la prognosi supera i 30 giorni a causa di un forte stato di ansia legato ai fatti di cui è stato, suo malgrado, protagonista.

Ma non è finita qui la settimana di fuoco che si è consumata nel carcere cittadino: nel settore di alta sicurezza, altri due detenuti se le sono date di santa ragione. Anche per loro trasferimento al Cardarelli, non è dato sapere se siano ancora ricoverati.

E’ questo ‘copione’ che si ripete l’oggetto dell’attenzione del segretario generale del Spp, Aldo Di Giacomo.

aldo di giacomo 9 settembre 2019

“C’è qualche nota positiva – spiega subito, nel corso dell’ormai consueto con la stampa che tiene davanti all’istituto penitenziario anche questa volta, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione sulla situazione all’interno del carcere di Campobasso -, si vede che la musica è cambiata con l’arrivo della dirigente e della comandante e il fatto che i telefonini in uso ai detenuti siano stati rintracciati dagli stessi agenti di polizia penitenziaria ne è la prova. Anche l’aver adottato il sistema delle celle chiuse, per quei detenuti che non vogliono onorare il patto stretto con lo Stato, è un segnale importante ma resta il fatto che si continuano a commettere reati all’interno dell’istituto penitenziario. Forse i litigi fra i detenuti sono legati a divisioni sui ruoli di comando”. Quindi vicende che riguardano quello che accade dentro le celle ma che hanno poi effetti sulle dinamiche criminali fuori dal carcere. Quelle stesse che potrebbero essere guidate proprio con l’utilizzo dei microcellulari, che continuano ad ‘entrare’ e ad essere nelle disponibilità dei detenuti che potrebbero usarli anche per dare ordini.

“Il timore del coinvolgimento esterno è elevato” spiega ancora Di Giacomo riferendosi proprio alla possibilità, nemmeno tanto remota, che dal carcere si impartiscano quegli ordini – che potrebbero avere a che fare con le attività criminali – che poi vengono eseguiti.

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