Isernia, l’ombra dei casalesi sul ‘cartello’ delle supercar: tutti i dettagli

La conferenza stampa della procura svela gli inquietanti retroscena dietro il sistema multimilionario di Iva non versata e nazionalizzazione di veicoli esteri di lusso spacciati per auto familiari. Tra gli ignari acquirenti, anche noti calciatori e imprenditori. Sono 23 le persone colpite da misure cautelari, di cui 13 in carcere e 10 ai domiciliari, e tra esse figurano due persone della provincia pentra, un uomo e una donna 


ISERNIA. Il clan dei casalesi e la camorra dell’area vesuviana e nocerino-sarnese dietro il sistema di acquisto di auto di lusso d’importazione dall’estero, immesse sul mercato italiano con documenti completamente stampati da zero.

Ben 1.576 supercar, tra cui Ferrari, Porsche, Maserati, Bentley, Jaguar, oltre a una moltitudine di Mercedes, Audi, BMW, Land Rover, nazionalizzate illecitamente in Italia grazie a un sistema di fatture false dove non solo l’oggetto delle bolle era taroccato, ma addirittura i soggetti emittenti o acquirenti, spesso, erano totalmente inesistenti.

photo5857486320115495901Al centro dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Isernia, coordinata dal procuratore capo Carlo Fucci e diretta dal sostituto procuratore Maria Carmela Andricciola in stretta sinergia con l’Agenzia delle Entrate di Isernia, due grossi gruppi commerciali operanti nel Lazio (un imprenditore di base a Sora) e in Campania (FC Car Group di Salerno), risultati contigui con gruppi della criminalità organizzata. Ma ad essere coinvolte risultano essere una miriade di aziende minori di varia provenienza geografica (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise).  Ventitré le persone colpite da misure cautelari, di cui 13 in carcere e 10 ai domiciliari, e tra esse figurano due persone della provincia di Isernia, un uomo (C.I. le sue iniziali) e una donna (M.L.B.). 

I NUMERI. Ben 51,5 milioni di euro di imponibile relativi all’emissione di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti; 167 persone fisiche coinvolte a vario titolo; 159 concessionarie auto italiane e 9 società estere coinvolte. Questi i numeri dell’operazione Galaxy in cui, sfruttando l’indebito risparmio d’imposta costituito dall’Iva al 22 per cento non versata, i presunti responsabili della frode sono risusciti ad acquisire una rilevante quota di mercato, costituendo delle vere e proprie posizioni dominanti nel mercato nazionale degli autoveicoli di lusso, con l’ovvia conseguenza della distorsione del principio di libera concorrenza.

IL MECCANISMO DELLA FRODE. Due i binari seguiti per mettere in piedi la truffa: quello fiscale, attraverso l’utilizzo di triangolazioni societarie; e quello tecnico, legato alla nazionalizzazione dei veicoli mediante la predisposizione di documentazione falsa, appositamente prodotta per aggirare i sistemi di controllo incrociato dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dei Trasporti, sfruttandone le falle comunicative. Tale sistema di triangolazione era basato su operazioni commerciali tra aziende di Paesi membri dell’Unione europea, attraverso l’utilizzo di società cartiere (ovvero aziende di comodo con il compito di produrre scritture contabili e altro carteggio utile ai fini della truffa) dette ‘missing trader’, con l’interposizione di più società filtro, dette ‘buffer’, talvolta controllate a loro volta da società off-shore (operanti a Cipro e nelle isole Cayman). Il tutto, al fine di ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari.

Le società estere utilizzate venivano costituite ad hoc da soggetti italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania. Tali società sono risultate riconducibili a pluripregiudicati, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari e interessi in aziende italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera del sistema truffaldino.