Isernia, parla il medico contagiato: da vittima a carnefice senza motivo, ecco la verità

L’INTERVISTA/ Il professionista del Pronto Soccorso risultato positivo al Covid ricostruisce l’accaduto: “Non ho messo in pericolo nessuno e non sono andato a zonzo in barba ai divieti”. Dal blitz delle forze dell’ordine nella casa di cura dove è ricoverata la madre al tampone, tutte le tappe di una vicenda quasi surreale


di Pasquale Bartolomeo

ISERNIA. Ci tiene a fare chiarezza, il medico del Pronto Soccorso di Isernia risultato positivo al coronavirus nella tarda serata di ieri. Dopo la diffusione della notizia, sui social come al solito si è scatenato di tutto. Domande, molte delle quali legittime, ma anche più di un commento sgradevole e inopportuno, con la solita caccia all’untore che lascia sconcertati, visto che poi si canta e si applaude sui balconi all’insegna del ‘volemose bene’.

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“Perché non è rimasto a casa come gli altri, ma è andato a trovare sua madre?”, ci si chiede. Oppure, “se è tutto chiuso e non ci si può spostare, come ha fatto questo signore a recarsi da Isernia fino alla provincia di Benevento?” Come se un medico del Pronto Soccorso, in prima linea ogni giorno nella battaglia contro un virus che si propaga alla velocità della luce, queste cose non le sapesse. Ma vediamo di capire cosa è successo realmente dalle parole del professionista.

D: Dottore, per prima cosa come sta?

R: La ringrazio per la domanda. Sto benissimo, per fortuna. Non ho mai avuto sintomi. Dunque, dispiace essere fuori gioco per qualche tempo in un momento in cui tutti noi siamo chiamati agli straordinari. Ma più di tutto dispiace leggere o venire a sapere di commenti, congetture e ricostruzioni che non stanno né in cielo né in terra. Qui da vittima mi si vuole far diventare carnefice. Perché in questa storia, mi creda, sono stato semplicemente sfortunato. E non ho mai messo a rischio nessuno. Questo posso garantirlo in virtù del lavoro che faccio da tanti anni”.

D: Come sospetta possa essere avvenuto il contagio? Ci racconta questa storia della ‘visita’ a sua madre?

R: Mia madre a seguito di una frattura che l’ha costretta su una sedia a rotelle è stata ricoverata in una casa di cura del Beneventano il 16 febbraio scorso per fare riabilitazione. Oltre un mese dopo, il 23 marzo, un paziente che si trovava nel reparto di mamma è stato trasferito in un altro ospedale per un’insufficienza respiratoria, rivelatasi successivamente un caso di Covid-19. Di lì a poco, anche negli altri reparti si sono ravvisate febbri sospette. E dunque la direzione ha deciso di dimettere i pazienti che non presentavano sintomi influenzali a scopo precauzionale. Vengo chiamato per andare a riprendere mia madre, la dimissione viene programmata per il 27 marzo, venerdì scorso. Non posso mandare nessun altro e, ripeto, mia madre non presenta febbre o tosse o nient’altro, motivo per il qualche viene fatta uscire dalla casa di cura. Mi reco dunque lì. E accade l’impensabile”.

D: Perché?

R: Una volta arrivato trascorro una mezz’oretta con mia madre, poi mi reco in direzione per ritirare il carteggio delle dimissioni. Ma le dimissioni non sono mai più avvenute. In clinica c’è stato un blitz di carabinieri, finanza e polizia che hanno bloccato l’accesso alla struttura, impedendo anche a chi era all’interno di uscire per ore. Un po’ quello che è successo all’ospedale di Termoli nelle scorse settimane. Nell’attesa, durata circa 6 ore, è stato ordinato di fare tamponi sui pazienti (compresa mia madre), operatori e contatti stretti all’interno della struttura,. A me, nello specifico, dato il contatto davvero fugace con mamma, non è stato fatto il test e, dopo qualche ora come le dicevo, una volta riaperti i cancelli, è stato consentito di tornare a Isernia. Mia madre non è stata più dimessa, ma trattenuta in attesa del responso del tampone faringeo”.

D: Che si è rivelato positivo.

Purtroppo sì. Ma questo risultato mi è stato comunicato solo domenica, il 29 marzo, due giorni dopo essermi recato in Campania per riportare mamma a casa. Purtroppo, mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma non potevo sapere. In quella struttura sono venuti fuori oltre 50 casi su 80 tamponi effettuati, è finito su tutti i giornali. Dunque, non sono andato certo in giro mettendo a rischio la mia salute o, peggio, quella di altri, visto che lavoro a contatto con tanta gente. A quel punto, ho prontamente avvisato il primario Lucio Pastore dell’accaduto. Quel giorno e il lunedì successivo, 30 marzo, non ho lavorato. Mentre martedì 31 ho ripreso servizio e ho concordato con Pastore l’adozione di ulteriori particolari misure di precauzione da adottare al lavoro visto il caso, ormai accertato, di mia madre. Il primario ha poi giustamente chiesto che mi venisse fatto un tampone. Il test c’è stato ieri, mercoledì 1^ aprile, giorno in cui avrei dovuto fare il turno di notte. Ma l’esito purtroppo, giunto nella tarda serata, è stato quello che nessuno si augurava: positivo anch’io, anche se assolutamente asintomatico, come mia madre. Di qui ovviamente la necessaria quarantena, senza più svolgere il turno previsto”.

D: È il primo tampone dunque che le è stato fatto in questo periodo di emergenza?

R: Assolutamente sì. Del resto, il 18 marzo, quando c’era stato l’accesso in Pronto Soccorso dell’anziana di Monteroduni rivelatasi successivamente positiva, io entrai in servizio di notte, quando era già tutto finito e i locali erano in corso di sanificazione. Nessun contatto diretto, dunque io non rientravo tra i 16 medici e operatori sottoposti allo screening in questi giorni.

D: Psicologicamente, come si sente?

R: Sono rammaricato di non poter essere accanto ai colleghi. Spero che nessun altro risulti contagiato tra i 30 tamponi che, leggo, dovranno essere fatti sul personale che è stato a contatto con me in questi ultimi giorni. Sia durante questa fase di emergenza coronavirus che nei mesi passati, con la sanità molisana da sempre costretta a fare i conti con mille problemi, non ho mai fatto mancare il mio contributo, facendo i salti mortali dove sono stato chiamato a intervenire. Per questo dispiace leggere che sarei stato uno sprovveduto o, peggio, un incauto che ha messo in pericolo chissà chi. Sono persona serie e responsabile e questo posso testimoniarlo i miei colleghi”.

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