Torna alla ribalta nazionale il caso dell’ex parroco di Portocannone condannato in Appello per violenze sulla giovane Giada Vitale, all’epoca dei fatti minorenne. A settembre l’ultima tappa del percorso giudiziario, ma fa discutere la mancata riduzione allo stato laicale del prete
CAMPOBASSO. I media nazionali tornano ad accendere i riflettori sulla vicenda di Giada Vitale e del parroco Don Marino Genova. A parlarne questa volta – tra gli altri – è Dagospia, che mette in discussione l’efficacia delle riforme adottate da Papa Francesco – l’ultima risale a soli tre giorni fa – per contrastare la pedofilia nel clero e che annuncia al 17 settembre prossimo la fissazione dell’udienza in Cassazione sul caso.
La giovane ha denunciato di aver subito abusi sessuali da parte del sacerdote quando era soltanto 13enne e per tre anni consecutivi, dal 2009 al 2012. Presunte violenze perpetrate sulla ragazzina – oggi 25enne – all’epoca dei fatti particolarmente fragile, in quanto cresciuta senza un padre e, proprio per questo, affidata dalla nonna al prete del paese, Portocannone.
Il parroco è stato condannato nel 2019 a 4 anni e 10 mesi di reclusione dalla Corte d’Appello di Campobasso e sospeso dal ministero. Tuttavia, da alcune foto circolate sul web, pare che don Marino continui a svolgere l’attività sacerdotale nel Lazio, nella zona di Subiaco. E comunque che non sia stato ridotto allo stato laicale.
Avendo il Pontefice eliminato il segreto per i casi di abusi sessuali perpetrati da esponenti del clero cattolico a danno di minori, gli avvocati della ragazza avevano anche notificato alla diocesi di Termoli-Larino e alla Congregazione della Fede un atto formale per entrare in possesso degli atti processuali e dei provvedimenti assunti dalla Chiesa nei confronti del prete sessantacinquenne. Ma ad oggi non è arrivata nessuna risposta.
La giovane però non si arrende. È determinata ad ottenere giustizia a tutti i livelli. L’ultima tappa di questa storia – scrive Dagospia – è fissata al 17 settembre in Cassazione. I legali, Pietro Cirillo e Pasquale Mautone, puntano a far sì che venga riconosciuta la responsabilità civile della Parrocchia del sacerdote e della diocesi Termoli-Larino, con un atto di costituzione in mora, per ottenere il risarcimento di tutti i danni materiali, morali, biologici ed esistenziali patiti dalla ragazza a causa delle condotte illecite del prete orco.
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