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Isernia, successo per il ‘Il Tratturo’ protagonista al ‘Fascitelli’ per ‘Spazio aperto alla Cultura’

La band, guidata da Mauro Gioielli, ha incantato gli studenti con i brani del proprio repertorio, introdotti da storie di antiche leggende


di Giovanni Petta

ISERNIA. Mauro Gioielli non è solo un cantante di musica popolare, con una voce bella e potente, tanto da risuonare magnificamente nell’Aula Magna del Liceo ‘Fascitelli’ senza bisogno di essere amplificata; Mauro Gioielli è un ricercatore di grandi cose e di minuzie, di verità storiche e di leggende, un artista del nostro territorio che fa conoscere la sua terra al mondo, un albero che sa dove sono le sue radici e, proprio per questo, può lasciare al vento la chioma senza alcun timore.

I musicisti che lo hanno accompagnato nello splendido concerto voluto dall’Isis Majorana-Fascitelli di Isernia, per il progetto “Scuola: spazio aperto alla cultura”, con finanziamento del Mibact, non sono meno importanti del loro front-man. Lino Miniscalco, zampogna, ciaramella, flauti pastorali (bellissima la sua ‘Felicitas’ che sa di terra nostra e d’Irlanda, di Molise e mondo contemporaneo); Valerio Martino, tamburello, organetto, fisarmonica (attento, preciso, appoggio sicuro per il resto del gruppo); Ivana Rufo, chitarre, canto, organetto, zampogna (voce dal colore efficacissimo per il repertorio proposto e musicista raffinata).

I brani proposti da ‘Il Tratturo’ sono stati introdotti da letture di antiche leggende. Il brigante Maligno, tradito dalla moglie, capace di fermare con le mani le pallottole dei fucili e poi ucciso da una fucilata alla schiena. La figlia del barone di Sant’Agapito guarita dai santi Cosma e Damiano. Sant’Anna che protegge dai terremoti. La ragazza che perde il suo innamorato in mare e che ritrova la sua voce e i suoi versi in una conchiglia raccolta sulla spiaggia. La leggenda di Santa Lucia. Il mito che porta al nome del Molise attraverso una bellissima storia d’amore tra Lise e Moli.
Gioielli spiega l’importanza degli strumenti utilizzati: oltre duemila anni è l’età della zampogna; la ciaramella, un oboe popolare, è del I secolo dopo Cristo; l’organetto, più giovane, della prima metà dell’Ottocento, viene inserito subito nelle esecuzioni molisane della tradizione per la sua capacità di adattarsi alle danze popolari.

La musica del gruppo è bella e ben suonata: il dolore dei nostri avi, la fatica delle loro giornate di lavoro, l’affidarsi all’irrazionale così ingenuo e poetico… tutto viene proposto con attenzione tecnica e profondità interpretativa.
Un suono che evoca spazi conosciuti, presenti nel nostro Dna; rimandi ancestrali a ciò che siamo, con la zampogna che spesso lavora armonicamente piuttosto che guidare la melodia dei brani. E ritmi percussivi che ci collegano agli avi, al loro lasciarsi andare, finalmente, al ballo e all’abbraccio dopo una giornata di lavoro nei campi.

Un concerto non solo da godere. Un momento di conoscenza importante dello spazio che abitiamo e di noi stessi.

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