Il disastro ferroviario di Vastogirardi e la strage di Cansano

Due tragedie causate dalla neve sulla Sulmona-Carpinone


di Nicola Paolino

Quando si parla di storia il nostro pensiero fa riferimento ad accadimenti importanti. Ma oltre questo livello esiste una vita quotidiana che racconta dei più, della quotidiana fatica, spesso infinita, che li accompagnava. Il mondo a cui mi riferisco è relativamente vicino a noi: parlo di quel vissuto che si svolgeva tra Abruzzo e Molise sul finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Anni in cui formidabili forze economiche e sociali, tecnologie e progressi videro la luce. Da una parte, una emigrazione feroce che svuotava i nostri paesi afflitti da una miseria atavica, dall’altra contemporanee innovazioni, come ad esempio la corrente elettrica ed il treno che oramai ‘copriva’ molta parte dell’Italia. Questo racconto narra di due vicende che segnarono la storia della linea ferroviaria Sulmona-Carpinone. Costruita nel giro di pochi anni, voluta principalmente per le pressioni dei parlamentari abruzzesi e molisani, primo fra tutti l’Angeloni, fu accompagnata, sin da subito, da polemiche circa la sua utilità. Migliaia di operai furono impiegati in uno sforzo notevolissimo sia a livello ingegneristico che economico.

Costata complessivamente circa 100 milioni di lire dell’epoca, doveva congiungere il versante tirrenico con quello adriatico. Per raggiungere lo scopo furono necessari innumerevoli ponti e attraversamenti con opere allora definite ardite oltre a numerose gallerie, di cui alcune lunghe chilometri. La realizzazione fu suddivisa dalla Direzione Adriatica in tanti piccoli lotti per poter rispettare i tempi di consegna previsti per il 1897. Sul Corriere della Sera del 2 di agosto del 1893, in una corrispondenza da Pescocostanzo, si parla dell’abbattimento dell’ultimo diaframma della galleria della Majella, lunga circa 2.500 metri. Lo stesso Corriere ricorda come, il 23 dicembre 1891, 200 operai impegnati presso Cansano (L’Aquila) si avviarono verso valle per festeggiare il Natale. Mentre scendevano a piedi furono sorpresi da una tormenta di neve che, letteralmente, li imprigionò. Le prime notizie parlavano di un numero molto alto di morti. La stampa nazionale diede immediatamente notizia dell’accaduto con le prime agenzie che parlarono di venti morti. Le difficolta nei soccorsi furono enormi. Il Corriere della Sera titolò, con un trafiletto in prima pagina,  ”Duecento operai travolti in un turbine di neve tra Sulmona ed Isernia-venti morti” . Anche La Stampa si occupò del caso mettendo subito in dubbio il primo bilancio. Non solo, la notizia fu ripresa dalle agenzie di tutto il mondo: decine di giornali americani tra cui il Los Angeles Herald ed il Philadelphia Enquirer riportarono la cronaca di quella drammatica giornata. Come raccontava il quotidiano milanese ”otto vi lasciarono la vita ed alcuni altri ebbero a subire amputazioni per la cancrena manifestatasi negli arti per assideramento. Simili bufere non sono infrequenti su questi altipiani, ove il termometro scende (come in quest’inverno scorso) a -27 gradi”.

La presenza della neve per lunghi periodi dell’anno era messa in evidenza sempre nello stesso articolo in cui si sottolineava l’eccessivo costo dell’opera e, ad avviso del giornale, la sua sostanziale inutilità: ”Purtroppo la Sulmona-Isernia, come tante altre linee inutili ed esuberanti, vennero votate per influenze personali, ed in conseguenza dei soliti compromessi che si concordano tra i gruppi di deputati autorevoli della Camera per soddisfare reciproci interessi locali. E’ noto che l’influenza del defunto Angeloni di Roccaraso, già Segretario Generale ai lavori pubblici (degnissima persona, del resto, sotto ogni rapporto) ebbe gran parte nel far accettare questa linea tra quelle di prima categoria. I paesi che attraversa da Sulmona a Castel di Sangro, hanno scarse risorse, e per gli obiettivi a cui tende è da ritenersi che avrà minor traffico di quello assai meschino della Sulmona-Roma…. v’ha di più: per l’elevazione di questi altipiani e speciali condizioni climatologiche locali, per tre mesi dell’anno se ne dovrà sospendere l’esercizio. Eppure, per obbedire al criterio di massima che classifica le spese per ferrovie fra i capitali produttivi, si annovera anche questa in tale categoria!”.

Passa qualche anno e si giunge all’inaugurazione dell’intero tracciato il 18 settembre 1897. Da Sulmona a Campo di Giove, da Roccaraso a Castel di Sangro fino ad Isernia, 8 carrozze di prima classe percorrono il tragitto tra “viva ammirazione” delle migliaia di cittadini intervenuti. A Castel di Sangro gli ospiti, dal ministro Prinetti ai deputati Cimorelli e Falconi, vengono accolti in una grande sala addobbata di bandiere e fiori. Il pranzo fu di 304 coperti e vi furono continui brindisi. Il Corriere del Molise ironizzò sul luculliano pasto dicendo che in realtà gli invitati furono 375 e che per ognuno di essi si spesero 75 lire, 5 in più dello stipendio medio di un ferroviere. Alle 14 e 50 il treno partì per Isernia, accolto in ogni stazione dalla banda e dai sindaci. Come racconta il Corriere: “In tutte le stazioni da Castel di Sangro a Isernia il passaggio del treno inaugurale è salutato dalla popolazione. L’accoglienza fatta a Isernia è straordinaria. Parecchie migliaia di persone attendevano il treno e lo accolsero con prolungati evviva. Quando il treno ripartì scoppiarono nuovi evviva”. Quel giorno passò e la vita riprese normale. Il treno era entrato a far parte della vita quotidiana e permise ai nostri emigranti di raggiungere prima il porto di Napoli per attraversare l’oceano.