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Tutta la verità sul culto di Priapo, la Lectio magistralis del demologo Mauro Gioielli

L’origine, la storia e la cultura della tradizione cristiana isernina


ISERNIA. A Isernia, su di un poggio ai piedi del quale scorre il Rio Gianocanense, s’erge un antico eremo, una chiesa extra moenia intitolata ai Ss. Cosma e Damiano, i Santi Medici la cui fama di guaritori ne ha reso diffuso e persistente il culto tra il popolo. La festa annuale, che si svolge in quel luogo il 26, 27 e 28 settembre, divenne improvvisamente nota nel Settecento, allorquando un antiquary inglese annunciò di avervi rintracciato i resti d’un culto in onore di Priàpus, lo scandaloso dio della procreazione.

I Santi. Secondo la tradizione cristiana, San Cosma e San Damiano, i Maravigliosi Aromati (come li definì Ciarlanti), erano due fratelli vissuti nel III-IV secolo, che praticarono l’ars medica. Non a caso i medici, i farmacisti, gli infermieri, i barbieri (che una volta esercitavano la medicina minore), li venerano come loro patroni. Cosma e Damiano svolsero quell’attività più per virtù soprannaturale che per scienza umana, dimostrando, anche dopo il loro martirio, grandi capacità taumaturgiche attraverso innumerevoli interventi di tipo miracoloso. Furono detti anárguroi, cioè «senza argento», a significare che si adoperarono in cure molteplici senza mai pretendere alcuna ricompensa, poiché agivano per santità e non per ottenere profitti.

Priapo. A parere di molti, i Ss. Cosma e Damiano rappresenterebbero una forma cristiana dei Dioscuri, i gemini Castore e Polluce. Il sincretismo che avrebbe permesso ciò è perfettamente in linea con quella che potremmo definire la cristianizzazione delle divinità pagane. Va, però, ricordato che a Isernia i due santi – come in precedenza accennato – avrebbero assunto anche l’aspetto e le caratteristiche di Priapo, il nume della virtù seminale, del vigor sessuale. Infatti, anticamente, durante la celebrazione della festa in onore dei Santi Medici – ai quali, secondo alcuni, veniva richiesta specialmente la guarigione di due malattie: l’impotenza e la sterilità – sembra venissero offerti, prevalentemente dalle donne, particolari ex voto in cera che rappresentavano l’organo maschile della riproduzione. Questo culto fallico era ancora vivo nella seconda metà del XVIII secolo, come vorrebbe dimostrare una lettera-relazione scritta da William Hamilton (Inviato Straordinario del governo britannico alla Corte di Napoli) nel dicembre 1781, e nella quale si legge che a Isernia, «in una provincia lontana meno di cinquanta miglia dalla capitale di questo Regno [Napoli], una specie di culto è ancora reso, sebbene sotto un’altra denominazione, a Priapo, divinità oscena degli antichi».

Le prove autentiche del culto erano gli ex voto di «cera rossa» a forma di fallo usati nella festa del 1780 (oggetti simili furono raccolti da Hamilton nel 1784 e inviati al British Museum di Londra) ed una lettera anonima scritta nello stesso anno «from a person residing at Isernia». Ecco alcuni passi della lettera.

«In Isernia Città Sannitica, oggi della Provincia del Contado di Molise, ogni anno li 27 settembre vi è una Fiera della classe delle Perdonanze […]. Nella fiera ed in Città vi sono molti divoti che vendono membri virili di cera di diverse forme, e di tutte le grandezze, fino ad un palmo; e […] Questa divozione è tutta quasi delle Donne, e […] tutta la grande festa s’aggira a profitto de membri della generazione. Io ho inteso dire ad una donna: Santo Cosimo benedetto, così lo voglio […]. Si presentano all’Altare gl’Infermi d’ogni male, snudando la parte offesa, anche l’originale della copia di cera, ed il Canonico ungendoli dice, Per intercessionem beati Cosmi, liberet te ab omni malo, Amen. Finisce la festa […] con ritornar gravide molte Donne sterili maritate, a profitto della popolazione delle Provincie; e spesso la grazia s’estende senza meraviglia, alle Zitelle, e Vedove, che per due notti hanno dormito, alcune nella Chiesa de’ P.P. Zoccolanti, ed altre delli Cappuccini, […] succedendo gravidanze non deve dubitarsi, che sia opera tutta miracolosa, e di divozione».

Vero o falso? La discovery di Hamilton è stata ritenuta attendibile da quasi tutti, in ogni epoca. Essa, però, se analizzata dettagliatamente, fa nascere varie perplessità. Molte circostanze, infatti, sembrano “non quadrare”. Innanzi tutto, va osservato che Hamilton non vide mai i riti fallici di cui parla, poiché ne venne a conoscenza solo nel 1781, ma l’anno precedente – secondo quanto da egli stesso riferito – le autorità locali li avevano vietati [e si sottolinea che, per quanto conosciuto, non esistono fonti precedenti che parlano di tale usanza].

Pertanto, descrisse una cerimonia di cui, in effetti, ignorava pressoché tutto. In realtà, la paternità della scoperta non fu propriamente dell’antiquary inglese, poiché egli ammise di aver appreso la “particolarità” della festa da un anonimo «individuo d’educazione liberale» [le fonti anonime sono sospette]. Ed è anonima la lettera italiana, datata 1780, che Hamilton portò a “prova scritta” dei culti priapici. In questo documento (di cui, in precedenza, si sono riprodotti alcuni passi) si citano anche i rituali fallici di Tahiti scoperti in seguito ai viaggi del Capitano Cook; riti che divennero noti in Italia solo nel 1784, ovvero ben 4 anni dopo la data della lettera. Come poteva conoscerli l’anonimo estensore dell’epistola? Qui “Hamilton ci cova”, perché egli li conosceva da tempo. Infatti, gliene aveva parlato un suo amico che aveva partecipato a quei viaggi.

Anche sugli ex-voto “osceni” in uso ad Isernia occorre muovere un rilievo. Essi non furono subito inviati da Hamilton a Londra, ma solo nel 1784. In tutto quel tempo egli avrebbe potuto farli costruire appositamente. Meritano un accenno anche altre asserzioni contenute nella lettera anonima del 1780, che fu la più “autorevole” fonte di Hamilton. Vi si allude ad unioni carnali tra il clero e le donne che, durante la festa, pernottavano nelle chiese di Isernia.

Francamente appare cosa poco verosimile, più un pettegolezzo che non un serio dato scientifico. Nella lettera, si legge pure che li canonici ungevano con l’olio santo i genitali malati dei pellegrini accorsi presso la chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Può essere che sia accaduto. Ma ve li immaginate voi quei preti ungere e benedire le parti intime di poveri e sporchi contadini del Settecento?

Mi fermo qui, benché altre considerazioni potrebbero farsi. Da ultimo, è certo che la festa di Isernia non aveva la valenza che Hamilton volle attribuirgli. Giambattista Masciotta, giustamente, affermò che nell’atteggiamento del britannico «vi era della esagerazione» poiché il culto isernino era un fatto «in sé spiegabilissimo». Infatti, in varie feste del Meridione d’Italia, gli ex voto a forma fallica erano offerti con la stessa devozione di quelli modellati a forma di altre parti del corpo (braccia, gambe, occhi, cuore, ecc.). Fu Hamilton che dette una interpretazione distorta e limitativa della religiosità popolare che ogni anno, a Isernia, i fedeli del Molise e delle regioni vicine esprimevano verso i Santi Medici.

 

IL CULTO DI PRIAPO A ISERNIA
CRONOLOGIA D’UNA SCOPERTA

1780. È l’anno in cui, secondo quanto asserito da Hamilton nella sua lettera/relazione del 30 dicembre 1781, un anonimo liberale, impegnato nei lavori di costruzione della strada che transitava nei pressi dell’Eremo dei Ss. Cosma e Damiano di Isernia, era presente alla festa che si svolge a fine settembre e, conoscendo il “gusto per le antichità” dell’antiquary inglese, gli avrebbe comunicato quanto veduto, ovvero i riti fallici, confermati dal Governatore d’Isernia.

– Nel 1780 sarebbe stata redatta anche l’anonima Lettera da Isernia, che contiene la descrizione della festa e che fu la principale fonte di Hamilton.

– Dopo la festa del 1780 il governo borbonico dispone che il Ditone di San Cosma non sia più esposto al pubblico, poiché vicino alla chiesa dei Ss. Cosma e Damiano “è stata aperta la nuova strada, la zona è più frequentata, e si sarebbe notata troppo l’indecenza della cerimonia”.

1781. A luglio, Hamilton scrive a Joseph Banks annunciandogli la scoperta: “I had actually discoverd the cult of Priapus […] at Isernia”.

– Nel mese di settembre, Hamilton – secondo quanto da lui stesso ammesso – avrebbe voluto assistere alla festa. Però non lo fa, essendoci stato il divieto governativo che non permetteva l’uso dei falli di cera. Così darà una descrizione di ‘seconda mano’ della cerimonia, usando un documento epistolare e le testimonianze del Governatore di Isernia (che aveva incontrato Hamilton nel febbraio 1781) e del già citato anonimo liberale.

– Il 30 dicembre, da Napoli, Hamilton invia a Joseph Banks la famosa lettera/relazione in cui descrive “la festa dell’odierno Priapo, San Cosma” di Isernia. Nella missiva dice di aver già trasmesso al British Museum gli amuleti napoletani contro il malocchio, ma che ora ne ha trovati di esplicitamente priapici (i falli di cera, però, li manderà a Londra solo nel 1784).

1782. Hamilton scrive in Inghilterra ammettendo che ancora non gli è riuscito di mandare al Museo Britannico i falli di cera, ed allega un disegno che riproduce gli ex voto trovati a Isernia “representing the great toe of S.t Cosmo”.

1784. Nel mese di giugno, 5 falli di cera, insieme ad una lettera del Governatore di Isernia, vengono depositati da Hamilton presso il British Museum. Vari decenni dopo (non prima del 1865), per la loro natura ‘oscena’, i reperti sono inseriti nel catalogo Secretum, schedati coi contrassegni M.560, M.561, M.562, M.563, M.564.

1786. Viene pubblicato a Londra “by Richard Payne Knight”, An account of the remains of the worship of Priapus lately existing at Isernia, in the Kingdom of Naples…

1790. A settembre, giunge ad Isernia Richard Colt Hoare, accompagnato da due amici artisti che avrebbero dovuto documentare graficamente gli ex voto priapici di San Cosma. Hoare, purtroppo, dovette constatare che durante la festa non venivano più presentati falli di cera. Poi, però, poté recuperare almeno un esemplare di tali oggetti8 (a Isernia o da qualche altra parte?).

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