Scoperto un nuovo meccanismo di azione in un batterio agente di lotta biologica che protegge in maniera naturale le colture agrarie dall’attacco di un fungo letale
CAMPOBASSO. Nuova ribalta per l’Unimol. Pubblicata sulla prestigiosa rivista Natura Communications, la ricerca che rappresenta il risultato di una attiva e reciproca collaborazione internazionale tra ricercatori dei gruppi di Patologia vegetale (Dipartimento Agricoltura, Ambiente e Alimenti) dell’Università del Molise e di Genetica dei funghi (Departamento de Genetica) dell’Università di Cordoba, Spagna.
Lo scenario della difesa delle piante ci fa intravedere un futuro sempre più sostenibile e benefico per l’ambiente e per il consumatore di prodotti agro-alimentari ove l’uso dei fitofarmaci di sintesi sarà gradualmente rimpiazzato da fitofarmaci di origine naturale a basso rischio eco-tossicologico.
In particolare, nella lotta contro i funghi fitopatogeni che vivono nel terreno e attaccano le radici delle piante (soilborne pathogens), i prodotti fitosanitari di sintesi chimica, oltre a risultare poco efficaci, finiscono per contaminare il terreno, l’acqua e gli alimenti. Pertanto, la scienza è alla ricerca di nuove soluzioni a basso impatto, come il controllo biologico basato sull’uso di microrganismi utili, antagonisti dei funghi fitopatogeni, in grado di ridurre/sostituire i prodotti di sintesi.
Per poter sviluppare prodotti biologici altamente efficaci è di cruciale importanza studiare e comprendere i meccanismi di azione che entrano in gioco nell’interazione tra un agente di lotta biologica (BCA) e il patogeno, ma anche nell’interazione ‘tritrofica’ BCA-Patogeno-Pianta ospite, nonché con l’ambiente dove gli stessi BCA andranno poi applicati.
“La ricerca appena pubblicata su Nature Communications – spiega l’Unimol -, integrando tecniche di indagine biologica, genetico-molecolare e di microscopia avanzata ha scoperto e dimostrato i meccanismi attraverso i quali il batterio Rahnella aquatilis, ceppo Ra36, dopo aver individuato, raggiunto e colonizzato il fungo fitopatogeno Fusarium oxysporum nel suolo, mediante ‘sensori’ di natura chimica, lo sfrutta come vettore per raggiungere più rapidamente ed efficientemente la radice della pianta. Il batterio nel suolo segue le ife del fungo (piccoli filamenti che gli permettono di creare una sorta di rete nel terreno attorno alla radice) e ‘nuota’ letteralmente nel film d’acqua presente esternamente sulle ife fungine altamente igroscopiche.