Trappola di Natale

 Una storia nera a cura della dottoressa Capozza, criminologa, psicologa e psicoterapeuta


di Francesca Capozza*

MONTECASSIANO. È il pomeriggio della vigilia di Natale. Nella maggior parte delle case, ancor più quest’anno, è un momento di forte intimità e condivisione e fervono, anche se in misura ridotta, i preparativi del cenone da approntare. C’è silenzio in via Pertini a Montecassiano (Mc), nulla disturba l’atmosfera di sospensione e attesa della festa. E in quel silenzio perde la vita una anziana “buona donna”, come diranno i vicini: Rosina Cassetti di 78 anni, trovata riversa sul pavimento della cucina della villetta di famiglia. I familiari coabitanti, il marito Enrico Orazi, 81 anni, la figlia della coppia Arianna, 48, e il figlio di quest’ultima, Enea Simonetti, 21 forniscono immediatamente un racconto che connota l’accaduto come esito di una rapina. “Correte subito in via Pertini: c’è stata una rapina”, aveva detto Arianna Orazi ai carabinieri nella telefonata fatta intorno alle 20, dopo che il figlio Enea (di ritorno dal supermercato) l’avrebbe liberata dai fili elettrici con cui sarebbe stata legata da uno sconosciuto entrato poco prima nella loro villetta. Lo stesso avrebbe chiuso in bagno l’anziano padre e rapinato la famiglia di due migliaia di euro mentre la madre sarebbe morta in seguito a malore. Questa la narrazione dei fatti fornita agli inquirenti dai 3 familiari, ininterrottamente per tutta la notte, seppur con incongruenze, senza mai arretrare. Il 28 dicembre padre e figlia hanno regolarmente riaperto l’attività di autoricambi che gestiscono insieme. Ma il sostituto procuratore Vincenzo Carusi, già all’uscita dall’abitazione degli Orazi, non è convinto della veridicità di quanto ascoltato e pensa che si debba indagare primariamente nell’intrico dei rapporti domestici, difatti il capo della procura maceratese, Giovanni Giorgio, già nella tarda mattinata di Natale ipotizza l’omicidio in ambito familiare, in una famiglia in cui la figlia e il nipote della vittima si erano stabiliti da circa un anno.

Le ombre sul giallo sono infatti numerose: in quel pomeriggio di silenzio non si è sentito alcun rumore, né urla di spavento, né grida di aiuto, i cani di grossa taglia sempre presenti in cortile non hanno mai abbaiato (cosa che abitualmente facevano con gli sconosciuti), il cancello della casa senza segni di forzature, solo una scalfitura alla finestra (elemento di sopralluogo sottolineato dalla difesa), la mancanza di tracce di un passaggio anche nel vicolo sul retro e sulla siepe, la casa completamente in ordine escluse le stanze abitate dalla donna. I primi risultati del’autopsia psicologica (volta a ricostruire, tramite documenti e testimonianze, i desideri, le paure, le attività, i progetti, gli eventuali cambiamenti, le frequentazioni, le problematiche personali e relazionali della vittima, soprattutto negli ultimi periodi) ci riportano il quadro di una donna buona e “debole rispetto agli altri familiari” che viveva in un clima di paura, che aveva lamentato alle amiche di subire maltrattamenti in casa e di esservi segregata e relegata al primo piano, tra il soggiorno, la cucina e un bagno, di non avere accesso al riscaldamento, neanche a una stufetta, di non poter usare il cellulare o l’auto e di avere a disposizione solo 10 euro al giorno. La stessa inoltre si era rivolta pochissimi giorni prima ad un Centro antiviolenza con il quale aveva fissato un appuntamento per una consulenza legale. Questo aspetto è indicativo non solo della possibile presenza di dinamiche disfunzionali in famiglia, ma anche del desiderio della signora, non tanto di ricevere supporto eminentemente psicologico, ma piuttosto di porre fine alla sua sofferenza con azioni concrete, quindi con un supporto legale rispetto alle attività da compiere. “La trattavano male, le avevano anche tolto il telefono, lei non aveva più nulla” dirà una sua amica. Non è così secondo il nipote, il quale ha detto invece ai giornalisti che «non le mancava nulla» e che non riesce a capire perché la nonna si fosse rivolta a un centro antiviolenza. Emerge un ulteriore tassello: un intervento dei carabinieri proprio in quella casa a fine novembre. Era stata proprio la sig.ra Rosina a chiamare il 112 per una discussione, poi degenerata in lite, con il nipote. Voleva che rimproverassero Enea per i toni irriguardosi usati contro di lei. Gli animi si calmarono e Rosy non sporse formale denuncia. Le risultanze dell’esame autoptico scioglieranno i dubbi sulle cause della morte che, da prime indiscrezioni, pare si possa ricondurre a soffocamento e non a malore. I capi di imputazione sono vari e in via di ridefinizione: restano centrali i reati di omicidio volontario, favoreggiamento e simulazione di reato. Le indagini proseguono a 360 gradi. Come conferma il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio, «attualmente non si esclude alcuna pista».

Se dovesse essere confermata l’ipotesi della delittuosità familiare, questo evento di cronaca si inserirebbe nella casistica di reati in cui la famiglia non è solo il luogo dell’amore e della sicurezza. In tale contesto si potrebbe essere dinanzi ad un matricidio (figlia che uccide la madre) o ad omicidio ad opera del nipote. In entrambi i casi è evidente lo staging, il camuffamento della scena del crimine per rendere plausibile l’ipotesi della rapina subita. Nella letteratura scientifica raramente la figlia uccide la madre: spesso si tratta di omicidi «per pietà» se la genitrice è gravemente malata o “per litigio” in cui è evidente una difficoltà nel processo di emancipazione dalla figura genitoriale, ma quest’ultimo caso avviene prevalentemente in età anteriore della figlia (adolescenziale o tardo adolescenziale). Il matricidio rimanda alla percezione di un rapporto ferreo di dipendenza psicologica figlio-genitore percepito non risolvibile se non mediante l’eliminazione fisica. In tale caso l’assassinio rappresenta il tentativo di emanciparsi totalmente dalla dipendenza genitoriale sul piano materiale (economico) e psico affettivo.

Ma anche la pista sul nipote è praticata dagli inquirenti: è al vaglio infatti ogni minimo particolare della vita della famiglia, anche i passaggi di proprietà che hanno interessato la loro abitazione, acquistata 25 anni fa con i risparmi di una vita di lavoro e intestata al nipote Enea. Potrebbe infatti essere presente una conflittualità di natura economica (illegittima appropriazione di beni di altri familiari, contrasti per la gestione del patrimonio o dei guadagni dei membri) per cui si entra nella casistica dell’omicida «ereditiere» e/o «libertario» che uccide rispettivamente per raggiungere un agognato immediato guadagno economico o per liberarsi del controllo familiare tramite l’eliminazione fisica di chi ostacola il raggiungimento o la conservazione della felicità.

*criminologa, psicologa e psicoterapeuta

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