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Spunta il reddito di quarantena: 751 euro per tutti, per 3 mesi. La proposta shock per sopravvivere alla crisi

L’economista bocconiano Gianmarco Cinelli e il vicepresidente Equita Antonio Costagliola hanno analizzato il problema e lanciato l’idea su l’Espresso: congelare l’intera economia e preservare i patrimoni di cittadini e aziende con un sussidio uguale per tutti


Siamo di fronte a un momento eccezionale della storia d’Italia. Una delle preoccupazioni principali del Governo al di là dell’emergenza sanitaria, che coinvolge anche le imprese e i semplici cittadini, è la questione economica. Un intero Paese chiuso per settimane, senza sapere ancora quanto durerà, con decreti e provvedimenti che si susseguono per sostenerne l’economia – il Cura Italia, lo stanziamento di cinque miliardi di euro per la cassa integrazione in deroga, lo slittamento dei termini per il pagamento di tasse e tributi; solo per citarne alcuni.

Ma da queste misure eccezionali restano fuori tante categorie professionali che, non appena il picco sarà superato, si arrischieranno a tornare al lavoro per sopravvivere, con il pericolo di far ripartire il contagio. Una decisione che, con questa crisi, significa scegliere fra la salute e la sopravvivenza economica. Sono partiti da questa riflessione l’economista Gianmario Cinelli, ricercatore all’Università Bocconi, e Antonio Costagliola, vicepresidente della banca d’investimenti Equita, che hanno lanciato una proposta shock: il reddito di quarantena. “Consiste in una cifra pari ai propri consumi famigliari, che in base ai valori Istat si attesta attorno a 751 euro mensili, considerando anche le bollette”, spiegano gli accademici a L’Espresso. Pochi soldi, dati a tutti, per garantire il minimo indispensabile per sopravvivere, congelando tutto il resto e lasciando i patrimoni intatti per poter tornare subito in attività appena l’emergenza sarà rientrata. Le perdite principali infatti, secondo i due studiosi, verranno dalle spese che le imprese e i singoli dovranno sostenere in queste settimane senza essere compensati da vendite e incassi.

“Facciamo l’esempio di uno studio di avvocati che ha costi per circa 70mila euro al mese per affitto, spese di gestione, utenze, salari e via dicendo: lo studio non può reggere per più di due mesi con incassi a zero. E ancora, pensiamo a un professionista che ha un ottimo stipendio, seimila euro netti al mese, ma paga 1.800 euro di affitto, ha due figli e una moglie. Probabilmente avrà abbastanza soldi per reggere qualche mese, ma è chiaro che, quando vedrà che la curva della diffusione del virus andrà scemando, allora si arrischierà a riaprire l’attività. Il professionista porrà su una bilancia il rischio contagio e il rischio default famigliare: e riaprirà. Con il rischio di far ripartire i contagi. Questo vanificherebbe ogni sforzo precedente”, spiega il bocconiano. Gli operai che hanno continuato ad andare in fabbrica erano consapevoli di come l’alternativa fosse la perdita del posto di lavoro e quindi del salario che mantiene l’intera famiglia.

“Se dobbiamo fare come la Cina, contenendo al massimo i contagi, allora è necessario dare a tutti gli italiani la garanzia di poter sopravvivere in queste settimane di quarantena e di poter riaccendere il motore dell’economia subito dopo, senza il rischio che, nel frattempo, le società abbiano prosciugato tutti i propri risparmi. La soluzione, quindi, non è mantenere i redditi, cioè gli stipendi, ma preservare i patrimoni”. Ad esempio: un banchiere, che ha un buono stipendio, resta a casa in quarantena. La sua azienda continua a versargli il salario mensile, ma nel frattempo non incassa perché il mercato è fermo. Dovrà quindi iniziare a erodere il proprio patrimonio. Quando l’emergenza sarà trascorsa, il banchiere tornerà nel proprio ufficio, avrà qualche soldo in più sul conto corrente – perché avrà avuto spese zero con tanto di ipotetici slittamenti delle rate del mutuo – ma l’azienda avrà dato fondo a tutti i soldi necessari per investire o ridare slancio all’economia, entrando in crisi. Nella migliore delle ipotesi, la banca avvierà procedure di cassa integrazione, nella peggiore scatteranno i licenziamenti. Moltiplicando questo scenario per tante, troppe imprese italiane, ecco che si capisce dove si nasconde lo spettro della vera recessione economica. Vanno quindi tutelati e preservati i patrimoni di aziende e cittadini. Da qui l’idea del reddito di quarantena, universale e per tutti, per non “creare vincitori e vinti. Ad esempio sospendendo i mutui ma non gli affitti, oppure sostenendo le partite iva ma non gli atipici, ma mantenendo il reddito di cittadinanza. Questo potrebbe creare una gigantesca tensione sociale”.

Per lo Stato, date le cifre, significherebbe una spesa di 19,2 miliardi al mese, cioè 57,5 miliardi per il trimestre. Ma vanno poste delle condizioni: un nuovo ‘patto sociale’ fra Stato, cittadini e imprese che si impegnano a sospendere qualsiasi tipo di obbligazione. “Vorrebbe dire congelare l’economia. Farsi un lungo weekend generale della durata di tre mesi. Sarebbe come spostare le ferie di agosto in primavera, salvaguardando il patrimonio economico italiano per avere liquidità, solidità e fiato per gli investimenti che serviranno quando in tarda estate bisognerà ripartire”.

Questa sospensione comporterebbe anche l’interruzione delle normali voci di spesa del governo: costi dei dipendenti pubblici (cioè 28,9 miliardi nel trimestre), le pensioni (altri 49,1 miliardi di risparmi) e il reddito di cittadinanza (1,8 miliardi), per un totale di 79,8 miliardi di euro. Bloccando tutto questo, si potrebbe garantire a tutti un reddito di quarantena. Qualcosa di incredibile che solo un governo di vera emergenza nazionale potrebbe attuare. Il modello del bocconiano, tuttavia, può funzionare solo all’interno di un sistema chiuso, che sia l’Italia o l’Europa, ma che comunque non abbia interferenze esterne. Ad esempio, poniamo un fondo del Qatar che pretenda il pagamento dell’affitto dei propri appartamenti a Milano: allora salterebbe il concetto di congelamento complessivo dell’economia. “I 27 capi di Stato dei paesi europei, affiancati da ministri della Salute e dell’Economia e dai vertici della Bce, dovrebbero invocare un patto fra istituzioni e cittadini europei per la sconfitta del virus, come sta oggi accadendo in Cina. Crediamo potrebbe rappresentare un passo decisivo per il rilancio di un’identità europea. In questo caso, il finanziamento del provvedimento potrebbe ricadere sulla Banca Centrale Europea sia attraverso l’incremento della base monetaria con la creazione di nuove banconote da dare direttamente ai nuclei familiari, che attraverso l’emissione di Eurobond, come suggerito da Mario Monti. Nel caso in cui non si riuscisse a trovare una risposta unica europea, le risorse necessarie all’erogazione del reddito potrebbero ricadere sulla politica fiscale dei singoli Stati, che si troverebbero a erogare il reddito di sopravvivenza per alcuni mesi, ma allo stesso tempo avrebbero risparmi dal congelamento degli stipendi pubblici, delle pensioni e degli altri sussidi”.

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