HomeOcchi PuntatiIl coronavirus circola anche nell’aria: una 'bufala' con un fondo di verità

Il coronavirus circola anche nell’aria: una ‘bufala’ con un fondo di verità

Per scongiurare l’allarmismo, analizziamo i fatti e leggiamo le ricerche: non sono ancora emerse prove rilevanti che suggeriscano la capacità del SARS-CoV-2 di viaggiare e trasmettersi in questo modo


Nella mattinata su diversi siti d’informazione, pagine social e giornali è rimbalzata la notizia piuttosto allarmista secondo la quale “il coronavirus circola anche nell’aria” e che quindi si possa rimanere infettati anche solo respirando. Ma le cose sono più complicate di così. Non ci sono ancora, infatti, elementi scientifici sufficienti a confermare o smentire completamente questa notizia. Lo ha spiegato l’Oms, in diverse occasioni, ma il tema è comunque dibattuto. Di fatto, non sono ancora emerse prove rilevanti che suggeriscano la capacità del SARS-CoV-2 di viaggiare e trasmettersi tramite l’aria.

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Non è una novità che alcuni virus siano presenti nell’aria sotto forma di aerosol. Con questo termine s’intendono sostanze in sospensione nell’aria di dimensioni estremamente piccole e invisibili a occhio nudo, come le nuvole, che sono addensamenti di microscopiche goccioline d’acqua. L’essere umano produce continuamente aerosol, per esempio quando espira l’aria dai polmoni, o quando parla, in maniera del tutto incontrollabile. Alcuni scienziati non escludono che questo possa diventare un problema, in presenza di malattie infettive. Una ricerca condotta nel 2018 su un virus che causa l’influenza stagionale, per esempio, ha rilevato che il 39 per cento delle persone esaminate produceva aerosol infetti tramite la respirazione. Cosa succede quindi per quanto riguarda il coronavirus?

Un gruppo di ricercatori in Cina ha rilevato la presenza del materiale genetico del coronavirus – cioè del suo Rna – in diversi ambienti, compresi alcuni supermercati. Secondo gli autori dello studio preliminare, queste rilevazioni dimostrano che il SARS-CoV-2 potrebbe trasmettersi da persona a persona tramite l’aria anche a distanza. Le tracce genetiche trovate non erano però sufficienti per stabilire se il virus fosse ancora attivo, e quindi in grado di avviare l’infezione in un’altra persona. Fuori dall’organismo, infatti, le particelle virali (virioni) degradano con il passare del tempo, perdendo la capsula protettiva che racchiude l’Rna e, quindi, la loro efficacia infettiva. A risultati differenti ha portato invece una ricerca condotta a Singapore.

In Nebraska, negli Usa, un’altra ricerca ha condotto al ritrovamento di Rna virale in due stanze di isolamento su tre analizzate in un ospedale per i pazienti in gravi condizioni a causa della Covid-19 e in un’altra struttura per la quarantena. I ricercatori hanno quindi provato a mettere i campioni a contatto con colture cellulari in laboratorio, rilevando che il coronavirus aveva perso la capacità di infettarle. Lo studio dice comunque che la produzione di aerosol infetti è possibile, e che può avvenire in assenza di colpi di tosse. Altri ricercatori statunitensi hanno dimostrato che, in un ambiente controllato di laboratorio, cioè in circostanze che sarebbero molto difficili da riprodurre nella normalità, il coronavirus può rimanere attivo nell’aria fino ad almeno 3 ore.

Diversi ricercatori sono giunti alla conclusione, come dichiarato alla rivista Nature, che al momento non ci sono prove definitive per sostenere che il contagio da SARS-CoV-2 si diffonda respirando gli aerosol. L’esperto di malattie infettive Jamie Llloyd-Smith dell’Università della California ha infatti spiegato: “Se stai respirando aerosol col virus, non sappiamo quale sia la dose infettiva che dia una probabilità significativa di essere contagiati”. Ma rimane improbabile che una persona contagiosa emetta con un solo respiro una quantità di coronavirus nell’aria tale da contagiarne altre. Maggiori dettagli sono stati anche riportati dall’autorevole testata Science.

Rimangono i fatti: per ora l’Oms ha mantenuto un approccio molto cauto sugli aerosol, basato sulle attuali conoscenze scientifiche e che quindi può cambiare nel caso in cui venissero dimostrate altre evidenze, indicando che le uniche occorrenze note del fenomeno possono verificarsi in ambiente ospedaliero, per esempio quando si procede con l’intubazione o l’estubazione di un paziente. In un rapporto, l’Organizzazione ha inoltre citato un’analisi svolta su oltre 75mila casi di Covid-19 in Cina, dalla quale non sono emersi casi di contagio attraverso gli aerosol. Quindi, gli strumenti di prevenzione consigliati restano: areare bene i locali condivisi con altre persone, evitare i contatti fisici e gli incontri in presenza – la tecnologia ci aiuta molto in questo – utilizzare le mascherine solo nuove e/o sanificate e solo se si sta fornendo assistenza a persone certamente malate, o con sintomi che facciano sospettare la malattia, o nel caso in cui si abbiano tosse e altri problemi alle vie aeree sintomatiche di possibile infezione.

Pierre

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