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Coronavirus, in un mese il 50 per cento dei morti in più: il triste conto dell’Italia

Lo riporta uno studio Istat e Iss, che confronta i dati di marzo 2020 con quelli dello stesso periodo del 2019. Ma il Paese è diviso: a Bergamo l’aumento è stato del 568%, a Roma -9,4%


ROMA. L’Istat e l’Istituto Superiore di Sanità hanno realizzato un report nel quale si registrano i decessi di marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I numeri sono impietosi e parlano di un’Italia spaccata a metà: si va da Bergamo, dove l’eccesso di mortalità rispetto al 2019 ha raggiunto il 568%, a Matera, dove si è registrato un calo dell’11,3%, passando da Roma (-9,4%). La media nazionale è del 49,4% di decessi in più.

Lo studio raccoglie dati da 6.866 comuni (87% dei 7.904 complessivi): “Si tratta della prima volta che l’Istat diffonde questa informazione riferita a un numero così consistente di comuni”, sottolinea il rapporto. Tra gli altri dati che emergono, il 52,7% dei casi (104.861) è di sesso femminile, ma la letalità è più elevata in soggetti di sesso maschile in tutte le fasce di età, ad eccezione della fascia 0-19 anni e, in particolare, per gli uomini di 70-79 anni i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo.

Dei 25.354 morti, il 54% – 13710 persone – è costituito dai “morti diagnosticati Covid-19”, con “mortalità ‘diretta’ attribuibile a Covid-19”. Per il restante 46% i tamponi potranno confermare se il coronavirus è stato causa del decesso, una concausa o una causa indiretta dovuta alla “crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”.

“Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia”, sottolinea il rapporto: “3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo”.

“Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo – si legge ancora nel rapporto – i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156). All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%)”.

Situazione diversa, invece, “nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo è molto più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in piuù rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente”, spiega il documento.

Istat e Iss spiegano infine che, per una valutazione complessiva dell’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale, occorre “continuare a monitorare l’evoluzione del fenomeno nelle prossime settimane/mesi. Molte delle province che sono nella classe a media diffusione sono state interessate dall’epidemia con alcune settimane di ritardo rispetto alle province della classe ad alta diffusione. Non è dunque sufficiente l’analisi dell’andamento dei decessi di marzo per cogliere il fenomeno dell’incremento in queste aree. Il consolidamento dei dati di mortalità e di sorveglianza dell’epidemia Covid-19 per il mese di aprile consentirà la costruzione di misure più accurate”.

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