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Covid-19, carica virale a maggio 10 volte inferiore che a marzo: ecco lo studio citato da Zangrillo

Le rilevazioni che hanno scatenato la polemica tra il primario della Terapia intensiva del San Raffaele e il Comitato tecnico scientifico. Il medico dell’istituto milanese non arretra: “Basta questa divisione tra clinici e scienziati. Non sono pentito. Io sono più scienziato di molti membri del Cts”


La sua affermazione sul Coronavirus, resa a Lucia Annunziata durante la trasmissione Mezz’ora in più, ha scatenato un vespaio di polemiche. Ma il professor Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, non arretra. A riportare la controreplica è TgCom24: “Non sono assolutamente pentito, sono rinfrancato dalla forza della verità perché quello che ho detto – ha affermato – non è che il virus è scomparso. Io sono certo che il virus sia ancora tra di noi, però ci sono tanti virus tra di noi. Io ho detto testualmente ‘il virus è clinicamente inesistente, scomparso’. Se uno omette il clinicamente per farmi del male, fa del male a se stesso”.

Quanto al Cts, “una cosa che trovo fastidiosa di questo Paese – rincara la dose il medico milanese – è che i clinici siano da una parte e gli scienziati dall’altra. Noi dobbiamo intenderci sulla qualifica di scienziato perché se andiamo a vedere i parametri io sono molto più scienziato di tanti autoproclamatosi scienziati, anche facenti parte del Cts. Perché in Italia e nel mondo per esser scienziati bisogna produrre scientificamente e la produzione scientifica ha dei parametri molto precisi: basta andare nei motori di ricerca e nelle librerie internazionali e vedere quello che ha prodotto scientificamente Zangrillo. E alla fine se vogliamo facciamo la classifica”.

Ma ecco da dove traggono origine le affermazioni impavide del professor Zangrillo: negli ultimi tre mesi il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele, Massimo Clementi, ha condotto uno studio basato sull’osservazione di 200 pazienti ricoverati nella terapia Intensiva e nei reparti Covid della clinica meneghina.

Dopo aver escluso che il virus avesse subito mutazioni genetiche significative, – si legge su TgCom – i ricercatori, con una tecnica di analisi molecolare, hanno studiato la velocità di replicazione del Covid-19. Il confronto è stato fatto analizzando le quantità di virus presenti nei tamponi di 100 malati Covid, ricoverati nella prima metà di marzo, e 100 nella seconda metà di maggio.

“E’ così emersa una differenza macroscopica tra i pazienti di maggio e marzo – prosegue Massimo Clementi- Tutti quelli di maggio avevano infatti una carica virale e una velocità di replicazione 10 volte inferiore a quella dei malati di marzo“. Si tratta di un “aspetto già osservato in altri virus – ancora Clementi – come quello dell’Hiv, dell’epatite B o C: tanto maggiore era la loro replicazione, tanto più rapida era la progressione della malattia”, continua Clementi.

Se ciò possa spiegare la differenza clinica osservata in questi mesi, “non lo so dire, ma è un dato significativo e che si è osservato anche per altri virus – conclude Clementi -. Ora lo studio continuerà su altri pazienti e verrà allargato anche a pazienti americani, con la collaborazione di Guido Silvestri della Emory university di Atlanta“.

Dunque, il virus SarsCov2 si replicherebbe molto meno rapidamente ora rispetto a un paio di mesi fa e la sua carica virale sarebbe di gran lunga inferiore rispetto all’inizio dell’epidemia. Lo studio citato è in via di pubblicazione sulla rivista Clinical chemistry and laboratory medicine.

 

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