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Coronavirus, a dicembre la Cina sapeva e non ha parlato: spuntano i documenti segreti dell’Oms

L’inchiesta dell’Associated Press svela che Pechino avrebbe condiviso in ritardo i dati sul genoma e sulla capacità di diffusione del virus


Al di là della calma apparente di facciata, l’Oms è stata tutt’altro che filocinese, come accusa Trump, nella lotta alla pandemia. L’Associated Press, in possesso di documenti e audio interni, svela che l’Organizzazione mondiale della sanità sospettava che Pechino nascondesse informazioni importanti sul Coronavirus, o comunque lamentava ritardi nella condivisione delle informazioni sul genoma. Ma, in assenza di prove certe, proseguiva dritto sulla strada del dialogo per ottenere quanto più possibile per far fronte all’emergenza sanitaria.

L’inchiesta di Ap mette in luce, dunque, che “gli scienziati cinesi, – scrive Repubblica – grazie anche all’esperienza acquisita con altre epidemie, a cominciare dalla Sars, erano ben attrezzati per un esame genetico dei virus, che era essenziale per individuarla ovunque si manifestasse e per combatterla”.

Il nodo della questione sarebbe tutto qui: la presenza del Covid-19 a Wuhan fu mappata per la prima volta il 27 dicembre 2019 da Vision Medicals, un centro privato cinese, in seguito ad una serie di polmoniti sospette diagnosticate, e poi ancora da altri laboratori privati o pubblici, come il centro statale per le malattie infettive.

Ma Pechino non ha lasciato trapelare nulla, lasciando così, il 5 gennaio 2020, che l’Oms dichiarasse che non c’erano rischi di una trasmissione uomo-uomo e quindi di misure restrittive per i viaggiatori.

Il virus, invece, si stava propagando a grande velocità. “Forse Tedros (direttore dell’Oms) e i suoi collaboratori – si legge – avevano forti sospetti, ma non sapevano che cosa fare”.

Ed è questo un altro punto cardine dell’inchiesta: il numero uno dell’Organizzazione mondiale della sanità sperava di ottenere una copia del genoma, per valutare il reale pericolo e avvertire i Paesi, ma la Cina non rispondeva e né l’Onu né le sue agenzie avevano poteri sufficienti per esigere risposte.

Il 20 gennaio il direttore delle emergenze dell’agenzia Onu, Michael Ryan, denunciava scarsa collaborazione. Il capo del gruppo tecnico sul Covid dell’Oms Maria van Kerkhove, durante un incontro interno, affermava: “Stiamo procedendo con informazioni minime, chiaramente non è abbastanza per una pianificazione appropriata”.

Secondo l’Ap, dunque, il groviglio di ritardi e incompetenze ha creato problemi all’Oms, sia in termini di immagine che finanche di sopravvivenza. Con gli Stati Uniti di Trump che sono arrivati a rompere i rapporti con l’organizzazione stessa.

Che forse le due potenze, lasciando sprofondare l’Organizzazione di sanità, non abbiano cercato e cerchino ancora di celare le loro responsabilità? Una cosa ad oggi appare certa: Xi Jinping sapeva tutto già dal 7 gennaio e non ha parlato, determinando ben 13 giorni di ‘buco’ nella reazione al virus.

 

 

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