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Le stranezze del lockdown: spostamenti maggiori nelle zone a più alto rischio contagio

Lo rileva uno studio di un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano. Dai dati emerge che in Lombardia e Veneto la riduzione è stata tra il 5% e il 15%, mentre al sud è arrivata al 20% 


Lockdown sì, ma non per tutti allo stesso modo. E paradossalmente sono state le zone a più alto rischio contagio quelle in cui ci si é fermati di meno.  Questo quanto emerge dallo studio ‘Conseguenze economiche e sociali del lockdown per Covid-19’ pubblicato sulla rivista Proceedings of the national academy of sciences (Pnas) dal gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano coordinato dal professor Fabio Pammolli, con la collaborazione dei team di Walter Quattrociocchi (Università di Venezia) e Antonio Scala (Cnr) e con il supporto di Francesco Porcelli, esperto di economia degli enti locali dell’Università di Bari.

Lo studio è stato riportato dal Corriere della Sera e ha considerato i dati anonimizzati degli spostamenti di oltre 3 milioni di italiani tracciati da Facebook nel periodo a cavallo dello stop agli spostamenti (il 9 marzo).  Queste informazioni sono state poi ‘validate’ confrontandole con il database sullo stesso argomento dell’Istat.

“Il Sud è la zona che in termini relativi ha avuto la contrazione di mobilità più forte durante il lockdown – spiega al Corriere Fabio Pammolli — dell’unità di ricerca Impact presso il Politecnico di Milano. Gli esperti hanno notato una riduzione degli spostamenti degli individui del 70%, con differenze territoriali. “In Lombardia e Veneto la diminuzione è stata tra il 5% e il 15% più bassa della media nazionale –  calcola Pammolli -. Al contrario, è nelle aree pressoché indenni dal virus, come Abruzzo e Calabria, che la contrazione è stata più alta, tra il 16 e il 20%”.

Tra i comuni in cui la contrazione della mobilità è stata più intensa vi sono quelli “che prima del lockdown avevano, anche grazie al peso dei flussi turistici e delle tasse di soggiorno, una capacità fiscale relativamente elevata — prosegue Pammolli —, cioè quelli lungo la costa e le aree montane interne, per un totale di circa 1.500 municipi in cui risiedono circa 9 milioni di abitanti”.

Tra le aree meno affette dal blocco governativo per il contenimento del coronavirus i dati mostrano che si è trattato in particolare di città medio-grandi, con una popolazione sopra i 40 mila abitanti, circa 180 comuni, dove vivono più di 18 milioni di persone (circa il 30% della popolazione italiana) e sul territorio operano come poli di attrazione economica.

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