Italiani sotto chiave: il Tar vuole le carte, ma il Governo si oppone

I giuristi della Fondazione Einaudi avevano chiesto che il premier Conte rendesse disponibili i verbali del Comitato tecnico scientifico da cui sono scaturiti i Dpcm durante il lockdown, trovando l’approvazione del Tribunale amministrativo: ma oggi l’Avvocato del popolo ha fatto ricorso al Consiglio di Stato affinché quei documenti restino secretati


ROMA. È bufera sui verbali del Comitato tecnico scientifico sui quali il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha basato i Dpcm emessi durante il lockdown. La scorsa settimana, il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso presentato dai giuristi della Fondazione Einaudi contro il diniego di accesso agli atti: per il Tribunale regionale i Dpcm sono infatti ordinanze urgenti, contingibili, ma hanno valore di semplici atti amministrativi, e non di atti normativi. Nessun segreto doveva esserci su quegli atti che hanno portato a decisioni urgenti e severe restrizioni per la popolazione italiana.

Secondi gli avvocati della Fondazione – Todero, Pruiti Ciarello e Palumbo – nei Dpcm le misure restrittive di diritti e libertà di rango costituzionale imposte agli italiani risulterebbero motivate sulla scorta delle valutazioni operate dal Comitato tecnico scientifico. I verbali che contengono quelle valutazioni, nonostante siano riportate in tutti i Dpcm come motivazione e giustificazione di quegli atti, non sono mai stati pubblicati da Palazzo Chigi. I tre giuristi hanno quindi “ritenuto necessario chiedere la copia di quei verbali, attraverso l’accesso generalizzato agli atti amministrativi, al fine di consentire agli italiani di conoscere le vere motivazioni per le quali, durante l’epidemia da Covid-19 sono stati costretti in casa, anche in quelle regioni o in quei territori dove non si sono registrati casi di infezione ma il governo, e per esso il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, si è rifiutato di consegnare quei verbali”, come riporta La Repubblica. Ma oggi è arrivata una svolta che farà storcere il naso a molti e che solleva più di un dubbio.

Scrive infatti l’avvocatura dello Stato per conto della Protezione civile: “I Dpcm, oggetto dell’odierno contenzioso sono atti amministrativi generali, frutto di attività ampiamente discrezionale ed espressione di scelte politiche da parte del Governo che trovano la propria fonte giuridica nella delega espressamente conferita dal legislatore all’esecutivo in un atto avente forza di legge, ovvero, in particolare dapprima nell’articolo 3 del decreto legge 6/2020, convertito con Legge numero 13/2020 e, poi, nell’articolo 2 del decreto legge 19/2020, convertito con legge  35/2020, e rinvengono la propria ragione nell’esigenza temporanea ed urgente di contenere e superare l’emergenza epidemiologica causata dal Covid-19”. Per questo, secondo il Governo i verbali dovrebbero restare segreti: è stato quindi fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar affinché i documenti oggetto della contesa restino al sicuro nei cassetti, lontani da occhi indiscreti e dal giudizio dell’opinione pubblica.

“È grave aver fatto l’appello perché dimostra che il governo non è disponibile ad essere trasparente su atti così importanti – ha dichiarato l’avvocato Pruiti Ciarello, consigliere di amministrazione della Fondazione – Atti che hanno compresso i diritti e le libertà costituzionali per i cittadini come mai nella storia della repubblica”. La Fondazione ha invitato a ritirare il ricorso e così “consentire ai cittadini di giudicare le scelte dell’esecutivo”. Il presidente della fondazione Giuseppe Benedetto ha dichiarato: “Facciamo appello perché con un gesto di apprezzabile e intelligente apertura agli italiani prima ancora che alla Fondazione Einaudi, la presidenza del Consiglio ripensi la sua posizione. Non abbiamo alcun intento di partecipare al confronto politico in corso. Per questo motivo avremmo auspicato e abbiamo sino all’ultimo sperato in un gesto di grande eleganza e di sostanza democratica da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, che di fronte a una sentenza del giudice amministrativo avrebbe potuto adempiere senza proporre appello e insistere in una linea che appare di retroguardia”.

Nell’appello è presente una domanda di sospensione cautelare della sentenza di primo grado. La decisione su questo punto dovrebbe quindi arrivare a giorni.

Pierre

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