Le risposte in uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Cambridge, che si sono concentrati sull’alterazione della risposta immunitaria a seguito dell’infezione da coronavirus
Sono ancora tanti i quesiti irrisolti in merito alla pandemia e alla recrudescenza del Covid. Ed ecco che un recente studio dell’università di Cambridge prova a fornire le risposte a tutte le domande, in particolare alla seguente: quali persone si ammalano più gravemente e perché? Tutto sembra dipendere da alcune molecole proteiche e soprattutto dalla quantità di cellule immunitarie.
“Dall’esperienza della prima e della seconda ondata abbiamo appreso – scrive Melania Rizzoli su Libero e rilancia TgCom24 – che ad uccidere le persone non è direttamente il coronavirus ma le reazioni messe in atto dall’organismo, una risposta infiammatoria che sfugge al controllo danneggiando irreparabilmente gli organi vitali fino a spegnerli’.
Chi sono dunque le persone più esposte a un eccesso infiammatorio? I 70 e gli 80 anni su tutti e le persone obese ed ipertese. Ma non è sempre così. D’altra parte, anche persone perfettamente sane e aventi una vita attiva hanno manifestato sintomi gravi, pur non avendo quindi questa iniziale predisposizione”.
Le ricerche degli studiosi di Cambridge sono così incentrate sull’osservazione delle risposte immunitarie al virus e provando a prevedere chi poi svilupperà sintomi gravi e chi no valutando i cambiamenti nel livello di citochine (molecole proteiche che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e fra queste e diversi organi e tessuti, ndr) presenti nel sangue.
Sono stati prelevati 605 campioni di sangue da persone con sintomi gravi e da asintomatici o paucisintomatici – si legge – A cambiare è la rapidità della risposta e l’adattamento dell’organismo all’infezione: chi ha sviluppato una sintomatologia grave aveva nel sangue un altissimo livello di citochine, ma una minor quantità di cellule immunitarie atte a difendere il corpo dall’infezione. Gli asintomatici e i pazienti con sintomatologia lieve avevano invece una risposta immunitaria più rapida e che risultava adattarsi più rapidamente alla minaccia, fronteggiandola con maggiore velocità e un più elevato tasso di successo”.
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