HomeOcchi PuntatiCoronavirus, mascherine Ffp2 a norma: ecco come riconoscerle

Coronavirus, mascherine Ffp2 a norma: ecco come riconoscerle

Tra codici, certificati di conformità, leggi e deroghe: le regole per evitare truffe


Considerate i dispositivi di protezione per eccellenza, le Ffp2 sono le mascherine più ricercate, le più costose ma anche le più ‘imitate’. Ed ecco che TgCom24 propone una carrellata di indicazioni per riconoscere quelle a norma, evitando così di incappare in truffe.

Le maschere filtranti facciali Ffp2 o N95 (l’equivalente americano) come ogni dispositivo di protezione individuale deve rispettare quanto stabilito nel regolamento Ue 425/2016. Prima della messa in commercio, i produttori devono passare il vaglio di un organismo che ne certifichi il rispetto dei requisiti indicati dalle norme e solo allora il produttore, potendo dimostrare la conformità del prodotto, può apporre il marchio CE sul prodotto.

In una Ffp2 a norma – si legge – il marchio CE è accompagnato da un codice di 4 numeri o lettere, che va a identificare l’organismo che ha certificato la conformità del prodotto alla norma europea. Un elenco degli organismi che emettono i certificati dei prodotti è presente nel database Nando della Commissione europea.

Grazie a questo elenco chiunque può facilmente verificare se il numero che troviamo sotto il marchio CE delle mascherine Ffp2 corrisponde ad un ente autorizzato. Nel caso delle maschere filtranti dovremo trovare il riferimento ai personal protective equipment e, nello specifico, all’Equipment providing respiratory system protection. Qui comparirà la lista di tutti gli organismi notificati che valutano i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, fondamentale per capire se l’ente sia davvero autorizzato a fare verifiche di mascherine filtranti. Se non compare nell’elenco il certificato è quasi sicuramente falso.

Il certificato di conformità emesso da un organismo notificato che accompagna un dispositivo di protezione individuale deve obbligatoriamente contenere delle informazioni, quali: nome e codice numerico dell’organismo notificato che certifica; nome e indirizzo del fabbricante o del mandatario; tipologia di dpi; riferimento alle norme tecniche considerate per la certificazione della conformità e data di rilascio.

E se manca il marchio CE o il certificato è falso? In questo caso o il prodotto non è un vero dispositivo di protezione individuale o è stato prodotto e venduto in deroga alla normativa vigente. Durante le prime fase dell’emergenza, infatti, il decreto “Cura Italia” ha introdotto una deroga al rispetto delle norme per rendere più rapida l’immissione in commercio di dpi da usare strettamente in ambito sanitario e che resterà in vigore fino alla fine dello stato di emergenza.

Possono essere vendute mascherine senza marchio CE? – prosegue TgCom24 – Sì, possono essere venduti dpi senza marchio CE e senza riferimento all’organismo notificato certificatore. La deroga, però, riguarda solo le tempistiche e prevede comunque il rispetto degli standard tecnici e di qualità previsti dalla norma EN 149:2001.

Le mascherine prodotte in deroga possono essere vendute in ambito sanitario solo se i produttori autocertificano l’aderenza alle norme tecniche previste dalla legge, mandando i documenti di prova all’Inail, che una volta ricevuta la documentazione, ne autorizza la commercializzazione in ambito sanitario. Il sito dell’Inail ha una pagina dedicata al tema, dove è possibile verificare gli elenchi dei DPI validati.

 

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