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Dipendenti ‘sospesi’, la Ittierre replica a Oti: “Impossibile retrocedere i rapporti di lavoro”

I liquidatori della Spa precisano la posizione dell’azienda e rilanciano: “Officine tessili avrebbe dovuto licenziare per tempo tutto il personale”. Incertezza per il destino degli ex lavoratori


PETTORANELLO DEL MOLISE. In merito al destino dei 39 ex dipendenti della Oti rimasti senza datore di lavoro, si allarga il fronte dello scontro tra Officine Tessili Italiane e Ittierre Spa, con quest’ultima che contesta apertamente le posizioni assunte dalla società che avrebbe dovuto rilevare un ramo d’azienda, evidenziando l’impossibilità di farsi carico del personale a causa della procedura liquidatoria in atto. In sostanza, non sarebbe ammissibile la retrocessione dei rapporti di lavoro, così come pensato da Oti.

E sono proprio i liquidatori, Lucio Di Gaetano e Nella Caruso, ad intervenire sulla vicenda all’indomani dell’incontro svoltosi in Regione, con delle precisazioni che si pongono in contrasto con quanto asserito e intrapreso da Officine Tessili. In particolare, con la decisione di ritirare la procedura di licenziamento collettivo, non ritenendosi più titolare dei 39 rapporti di lavoro esistenti, essendo scaduti i termini relativi al fitto di ramo d’azienda dalla Ittierre e non essendosi perfezionata l’acquisizione dello stesso.    

In una nota indirizzata al legale rappresentante protempore di Oti, all’assessorato regionale per le Politiche dello Sviluppo Economico e alle sigle sindacali, i liquidatori di Ittierre Spa mettono i cosiddetti puntini sulle ‘i’. “La circostanza dichiarata dalla OTI s.r.l., e posta a fondamento della interruzione della citata procedura di licenziamento collettivo dalla stessa avviata il 19 maggio u.s., – scrivono – non corrisponde al vero”. E motivano: “Il piano concordatario della Ittierre prevede che la newco (e cioè OTI s.r.l.) dopo un periodo di fitto del ramo produttivo, avrebbe acquisito la proprietà del medesimo entro e non oltre il 30/06/2017, mentre per il resto la Ittierre è sottoposta, fin dal 2014, alla procedura liquidatoria diretta alla cessazione di ogni attività; alla data del 30 giugno la OTI s.r.l. nulla ha comunicato alla Ittierre spa circa la sua volontà di dar corso all’obbligo di acquisto il ramo di azienda e, nel corso del successivo mese di luglio, a seguito di tale inadempimento Ittierre ha chiesto la restituzione dei beni mobili costituenti il ramo di azienda”.

Di qui il ‘caso’ dipendenti: “Nel predetto ramo di azienda – proseguono i liquidatori – non rientrano, né per legge possono rientrare, i dipendenti perché, ai sensi del concordato in cui l’operazione di affitto si colloca, la liquidazione in corso di Ittierre rende impossibile la prosecuzione operativa dell’azienda. Conseguenza di ciò è che la OTI s.r.l., consapevole che la Ittierre è in liquidazione dal 2014, nel momento in cui ha ritenuto di non voler/poter acquistare il ramo di azienda, avrebbe dovuto, per tempo, licenziare tutto il personale giacché questo non poteva (e non può) essere oggetto di retrocessione alla medesima Ittierre; ciò, del resto, – prosegue la nota – è quanto la OTI s.r.l. in effetti ha cercato di fare avviando lo scorso 19 maggio la cennata procedura di licenziamento collettivo che oggi, in modo contraddittorio e comunque evidentemente sotto più profili illegittimi, ha ritenuto di far cessare”.  


Le posizioni delle due procedure sembrano essere, dunque, inconciliabili. Con i lavoratori precipitati in un limbo e impossibilitati ad accedere alla Naspi (indennità di disoccupazione) e comunque a forme di sostegno del reddito.   

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