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Poste, sotto accusa il sistema di gestione code

Per il Garante privacy può consentire il monitoraggio pervasivo dei lavoratori


Il Garante per la protezione dei dati personali italiano interviene fermamente sul sistema adottato negli uffici postali per gestire la coda agli sportelli, il quale, dopo essere stato messo sotto accusa dall’Autorità stessa, non potrà essere più utilizzato a seguito del provvedimento del 16 novembre (Trattamento di dati personali mediante un sistema utilizzato per la gestione delle attese allo sportello – 16 novembre – doc. web. 7355533) poiché tale modalità può consentire, di fatto, il monitoraggio pervasivo e costante dei dipendenti. Tale decisione è arrivata a seguito di un’istruttoria avviata per approfondire le numerose segnalazioni inviate da dipendenti e sindacati sulle modalità di funzionamento del “gestore attese” implementato dalla società.

La vicenda prende le mosse a seguito di numerose segnalazioni e un reclamo da parte di organizzazioni sindacali e dipendenti di Poste Italiane in merito alla possibile violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali per effetto dell’impiego, in alcuni uffici postali, di un sistema utilizzato per la gestione delle attese allo sportello.

Precisamente, i dipendenti si erano rivolti all’Autorità garante lamentando il fatto che la società aveva installato un sistema che rendeva visibili i nomi degli operatori sul display luminoso collocato sopra lo sportello senza aver proceduto prima ad informarli. I sindacati, da parte loro, hanno evidenziato che la società non aveva stipulato alcuno specifico accordo sindacale in merito cosicché il Garante privacy ha accertato che le criticità del sistema riguardavano aspetti ben più significativi di quelli rilevati.

Nel corso dell’istruttoria, la società aveva innanzitutto affermato che l’esposizione al pubblico del nome degli operatori, al pari dei cartellini di riconoscimento apposti sulla divisa dei dipendenti, era funzionale a migliorare il rapporto con gli utenti. Riguardo poi alle concrete modalità di funzionamento del sistema, e al relativo trattamento dei dati personali, Poste aveva invece dichiarato di aver agito nel pieno rispetto del Codice privacy e della disciplina in materia di lavoro, dato che il sistema adottato “costituisce uno strumento aziendale nell’ambito della libertà di organizzazione del lavoro“. Poste aveva anche aggiunto di non essere tenuta a presentare un’apposita informativa ai dipendenti in quanto i dati raccolti dal sistema non erano utilizzati per finalità connesse allo svolgimento del rapporto di lavoro.

Nel provvedimento adottato l’Autorità ha invece riscontrato diversi profili di illiceità del trattamento ribadendo innanzitutto che un’informativa completa ai dipendenti sul trattamento dei loro dati personali deve sempre essere rilasciata e ha poi evidenziato che le caratteristiche del sistema per la gestione delle attese, e il controllo penetrante che ne conseguiva, non erano proporzionate alle finalità “organizzative e produttive”, “di sicurezza del lavoro” e “di tutela del patrimonio aziendale”, ammesse dalla normativa lavoristica.

La cosiddetta “console di monitoraggio” con cui la società gestiva il sistema, infatti, consentiva a oltre 12.000 soggetti incaricati, con visibilità differenziata a livello nazionale e periferico, di accedere in tempo reale e in via continuativa, ai dati relativi a tutte le postazioni e a tutti gli operatori in servizio, in qualunque momento, presso un determinato ufficio. Tali dati potevano essere raccolti e memorizzati, anche sulla base di non ben specificate “anomalie”, e potevano essere estratti in report individuali.

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