Terremoto, la politica ‘diserta’ il Molise: il dramma delle popolazioni vissuto in silenzio

A 13 giorni dalla prima forte scossa di terremoto registrata dai sismografi è arrivato in regione il capo della Protezione civile Angelo Borrelli. Sono passati appena quattro mesi da quando il territorio era diventato l’avamposto elettorale di tutti i leader di partito. Intanto, si attende la proclamazione dello stato di emergenza


di CARMEN SEPEDE

CAMPOBASSO. C’era una volta il Molise ‘ombelico del mondo’ della politica nazionale. C’era una volta perché sembrano passati secoli, mentre sono invece trascorsi quattro mesi appena da quando tutti, ma proprio tutti i leader politici nazionali, senza escludere ministri, sottosegretari, premier, aspiranti premier e attuali vice premier, avevano fatto una tappa in Molise, prima delle Elezioni regionali del 22 aprile. Con Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio a concludere in contemporanea la campagna elettorale a Campobasso: uno a piazza Prefettura, uno a Piazza Municipio. Roba mai vista nella storia del Molise.

Passati quattro mesi, un’altra storia. A 13 giorni dalla prima scossa forte, quella di magnitudo 4.6 del 14 agosto e a 11 giorni dalla scossa di 5.1 del 16 agosto, che ha fatto tremare il Molise e buona parte dell’Italia centrale, in regione si è visto soltanto il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, che la scorsa settimana è stato in regione due volte. La prima a Campobasso, per partecipare al vertice in Prefettura, la seconda nelle zone terremotate. Dove, ad oggi, sono state censiti oltre 130 edifici, pubblici e privati, parzialmente o totalmente inagili. E dove vivono nelle tendopoli 350 persone, tra chi ha perso la casa e chi ha paura di rientrare in casa.

Anche per la paura di altri terremoti, amplificata dalle parole dello stesso Borrelli, che non ha escluso la possibilità di scosse più forti. Per essere poi ‘corretto’ dal presidente dell’Ingv Carlo Doglioni, per il quale la possibilità di scosse di maggiore intensità, rispetto a quelle già registrate, “è statistica, non certo previsione”. Pur in un territorio a forte rischio sismico. Come l’intero Appennino.  

C’è da dire che il terremoto del Molise si è verificato in una settimana a dir poco tragica per l’Italia, con la sciagura provocata dal crollo del ponte di Genova e l’alluvione del Pollino. In entrambi i casi morti e feriti. Ma se in regione, fortunatamente e fortunosamente, non ci sono state vittime, questo non giustifica neppure una visita di chi, solo quattro mesi fa, aveva fatto del Molise il suo avamposto elettorale. Solo la telefonata del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per assicurare la sua vicinanza al Molise e ai molisani, al capo della Protezione civile e al governatore Donato Toma, durante la visita di Borrelli.

E non si tratta di passerelle – quelle è chiaro che non servono a nessuno, mentre sono necessari interventi immediati dello Stato – ma della dovuta attenzione a chi, da un giorno all’altro, si è trovato senza casa. Un dramma che si ripete, a 16 anni da San Giuliano.

C’è da dire che un errore, probabilmente, è stato commesso: quello di aver minimizzato, nell’immediato, le conseguenze provocate dal sisma. “Non ci sono vittime e non sono stati riscontrati danni”, hanno detto gli speaker di tutti i telegiornali nazionali subito dopo la grande scossa del 16 agosto. I cui inviati avevano raccolto le prime dichiarazioni, ‘a caldo’. Salvo poi scoprire che i danni c’erano eccome. Nei paesi dell’epicentro, Montecilfone, Guglionesi, Palata, Guardialfiera, Larino, Portocannone, dov’è inagile la scuola.  E nei comuni del nuovo ‘cratere’ sismico. Una ventina. 

L’attesa, ora, è tutta per la proclamazione dello stato di emergenza. Che potrebbe arrivare a giorni. Dopo la conclusione delle verifiche, la delibera della Giunta regionale, il passaggio nel Consiglio dei Ministri, a cui arriverà la relazione della Protezione civile nazionale. Un atto atteso e dovuto. Dal Molise che ha dimenticato cosa significhi essere ‘ombelico del mondo’. Ma che vuole tornare a vivere. E dimenticare la paura. 

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