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Feltri e la polemica sul Sud. Il direttore di Libero da bambino in Molise per “vacanze da terrone”

La discussa copertina di oggi del quotidiano di centrodestra – “ai meridionali tre cariche istituzionali su quattro” – riporta l’attenzione sulle origini molisane del giornalista. Di Guardialfiera, paese dove tornava ogni anno


CAMPOBASSO. “Comandano i terroni. Ai meridionali tre cariche istituzionali su quattro”. Al di sotto del Po infuria la polemica sul titolo di apertura di ‘Libero’, il giornale diretto da Vittorio Feltri e Pietro Senaldi che, si sa, ama la provocazione.

E che oggi ha scelto di mettere in prima pagina l’articolo di Azzurra Noemi Barbuto, “terrona anche io, pur non essendo una tifosa del derby Nord-Sud e non appassionandomi a romantici e noiosi campanilismi”, come ci tiene a spiegare la cronista.

liberoNel pezzo l’elenco di tutte le alte cariche dello Stato e degli esponenti del Governo nati e cresciuti nel Meridione. “Mattarella capo dello Stato, Conte premier, Fico presidente della Camera”. Per poi continuare con Di Maio, Bonafede, Lezzi, Bongiorno, Savona e altri. Con l’obiettivo di dimostrare “perché Salvini ha tutti contro”. 

Se l’idea era quella di creare un polverone, ‘Libero’ di certo l’ha ottenuto. Sta di fatto che quel titolo e quella scelta riportano all’attenzione un racconto Amarcord, scritto il 10 luglio 2017, dallo stesso Feltri. “Così d’estate diventavo un terrone. Il ricordo delle mie estati in Molise”.  Dove tornava ogni estare, a casa degli zii a Guardialfiera. Arrivava in Molise insieme alla famiglia, tre fratelli e una zia, Clementina, dopo aver preso il ‘Milano-Lecce’ la sera alle 22, per arrivare in regione verso le 8.

“La nostra destinazione non era Termoli marittima – scriveva Feltri – Qui giunti, scendevamo in fretta dalla carrozza e di corsa salivamo sulla littorina che portava a Campobasso, risalendo la valle del Biferno ovvero le Terre del Sacramento, quelle del capolavoro letterario di Francesco Jovine, nativo di Guardialfiera, esattamente il Paese dove noi sfigati orobici sopravvissuti alla guerra mondiale, ci stavamo recando. Ci avrebbe ospitato un’altra zia, Nella, sorella della citata Clementina, nel migliore palazzo della contrada più elegante, si fa per dire”.

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