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Ex Ittierre, speranze al lumicino per la mobilità in deroga. Mazzuto sul banco degli imputati

Consiglio regionale monotematico sulle vicende di circa 200 lavoratori per i quali sono esauriti i fondi destinati alle politiche passive del lavoro. Mena Calenda e Aida Romagnuolo attaccano l’assessore esterno della Lega: inadeguato, gioca a nascondino. Il governatore Toma non vuole alimentare speranze e ammette: la soluzione può essere solo politica. L’ordine del giorno passa con il no del Pd e l’astensione dei 5 Stelle. Vittorino Facciolla rimarca: rimandare la questione in Seconda Commissione è una presa in giro mai vista


CAMPOBASSO. Parole che forse non avrebbero mai voluto sentire ma che, probabilmente, si aspettavano dopo la snervante ed inutile attesa che qualcosa potesse cambiare.

I lavoratori dell’’ex Ittierre questa mattina in aula, a Palazzo D’Aimmo, per una seduta monotematica sulla loro vicenda, ormai datata e senza soluzione.

E’ il governatore Toma a dare il colpo di grazia alle speranza di una soluzione per 200 dipendenti. Il ‘Decretone’ è passato al vaglio del Parlamento senza alcun rimedio per la questione che li riguarda da vicino, o meglio li riguardava: la mancata continuità lavorativa che di fatto esclude gli ex Ittierre dai fondi stanziati dal Governo per le politiche passive del lavoro.

Non ci è riuscito l’emendamento Nannicini, dichiarato inammissibile perché non individuava le risorse da stanziare; non ci è riuscito il Movimento 5 Stelle che ha provato, attraverso il portavoce Rosa Alba Testamento, ad individuare una strada che però non è andata oltre l’impegno del Governo Conte a valutare la situazione; non ci è riuscita la Lega di Matteo Salvini che in Molise conta proprio l’assessore esterno al Lavoro, che ne è anche il coordinatore regionale.

Il governo regionale è al lavoro per trovare una soluzione fattibile e concreta, anche se per soli 5 mesi ma Toma lo dice senza filtri: la soluzione è solo politica, bisogna far comprendere al Governo le ragioni dei lavoratori. Occorre una deroga del Ministero del Lavoro. Ci si può lavorare, si sta già facendo, ma il risultato potrebbe non essere quello sperato.

Per il resto, nulla da fare: le risorse per le politiche passive da destinare agli ex Ittierre sono esaurite. Continuare a fare pressing sul Governo, strada possibile ma di certo non risolutiva né certa.

I bandi mirati, i 17 milioni di Por Aziende immessi nel circuito imprenditoriale che porteranno un ritorno che vale il triplo della somma investita e 500 assunzioni nei prossimi tre anni, un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro le soluzioni che guardano oltre la contingenza del momento: accolta l’idea lanciata dal  ‘già’ presidente Iorio ha deciso di farsi soggetto promotore di una possibile exit strategy: una sorta di ‘tavolo’ all’interno della Seconda Commissione consiliare (che presiede e che è competente per argomento) per tentare l’impossibile, per trovare il modo di restituire dignità e futuro ai lavoratori ‘sospesi’ nel limbo della precarietà. Da questo ‘tavolo’ al quale partecipano maggioranza e minoranza, potrebbe anche venire fuori il modo di dare concretezza al progetto presentato dagli estessi lavoratori, una sorta di cooperativa che si occupi dei beni turistici, ambientali e di pregio della regione. Un lavoro, in pratica. Non l’attesa della disoccupazione che pesa come un macigno sulle vite di chi invece ha sempre usato testa, cuore e mani.

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“Una situazione di imbarazzo” dice quando prende la parola, rimarcando gli scarsi risultati rispetto alle possibilità aperte dall’area di crisi complessa, l’errore madornale di non aver calibrato le risorse per le politiche passive per il lavoro e la necessità di dover continuare a fare pressing sul Governo Conte, sui ministeri competenti, attraverso la delegazione parlamentare e chiunque possa contribuire a dare una mano a 200 famiglie che da oggi, almeno, conoscono la verità.

Dopo l’excursus freddo, ragionieristico e nozionistico dell’assessore Mazzuto – numeri, date, riscontri normativi e riferimenti legislativi – che non ha aggiunto alcunché alla narrazione dei fatti e degli eventi che hanno portato alla crisi del colosso della moda, che fatturava un miliardo l’anno, che aveva 3000 dipendenti tra interni e indotto, che realizzava i capi dell’alta moda per le griffes più quotate nel mondo, l’attacco frontale al suo ‘non fare nulla’ è arrivato dalle due ex colleghe di partito, le epurate Aida Romagnuolo e Mena Calenda.

 

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