Risparmio, quale futuro per le banche tradizionali? Dalla filiale ai dati

Cardine dell’economia della Penisola da prima ancora che esistesse una sola nazione, le banche hanno rappresentato per secoli l’emblema delle nostre capacità di fare affari mediante un poderoso impulso alla circolazione monetaria


CAMPOBASSO. Nel XX secolo, specie a partire dal secondo Dopoguerra, la commistione tra pubblico e privato nel settore bancario ha fatto da base, almeno per tre decenni, al boom economico che ha proiettato l’Italia tra i vertici delle potenze mondiali. Da allora, però, le cose hanno iniziato a conoscere radicali mutamenti, che oggi non possiamo che registrare come mutamenti in atto. Di cosa parliamo? Della rivoluzione digitale, che pone il sistema bancario tradizionale di fronte ad una serie di quesiti che non sarà facile affrontare.

C’è chi, come Corrado Passera, ritiene ormai superato il modello bancario tradizionale. Le ragioni che sottendono ad una tesi del genere fanno riferimento, primariamente, alla rivoluzione provocata dalla Fintech, l’ormai celebre crasi che significa, nella lingua nostrana, Finanza tecnologica (o Tecnofinanza, fate voi). La Fintech ha, in breve tempo, sconquassato l’intero reparto della gestione del risparmio. Tutto avviene (o può avvenire) più rapidamente e più facilmente. Applicazioni per Smartphone o portali sul web sono ormai alla portata di chiunque, e così le aziende più all’avanguardia hanno pensato bene di sfruttare un’onda che sembra non poter conoscere fine. Per una compravendita, tanto per citare solo uno dei possibili esempi, l’intermediazione della banca non è più necessaria. Cosa rimane, dunque, dell’impalcatura che ha fatto nascere l’idea stessa di banca? Lo stesso discorso, naturalmente, può essere esteso al piano delle assicurazioni, con la Insurtech che ha letteralmente messo in crisi un meccanismo consolidato in tutto il XX secolo. Adeguarsi o perire, un’alternativa che pare non preveda una terza via d’uscita.

Nel secolo scorso, un ruolo centrale nell’economia del territorio era rappresentato dalla filiale, cuore pulsante della circolazione monetaria attraverso prestiti e investimenti. Alcune banche prevedevano, e prevedono tuttora, nel loro statuto, una quota fissa di investimenti a vantaggio del territorio nel quale sono stabilite. L’immagine romantica della giovane coppia in cerca del mutuo per la casa o del piccolo imprenditore che sogna di fare il grande salto rischia seriamente di venir confinata in un museo. O meglio, almeno per ora il modello resiste, ma all’orizzonte nuove nubi circondano un passato ameno. Gli investimenti, infatti, tendono sempre più a trasformarsi da locali a settoriali, con il risparmiatore che pone una crescente attenzione alle strategie mediante le quali i suoi soldi vengono gestiti.

La consulenza finanziaria classica gestita dall’apposito reparto della filiale sotto casa, dunque, appare via via anacronistica, proponendo ormai il mercato soluzioni alternative potenzialmente più efficaci. D’altro canto, non bisogna dimenticare il fenomeno dei dati. Le banche del futuro avranno come stella polare processi basati interamente sui dati, e in questo la rivoluzione digitale non può che costituire un volano determinante.

Meno spazio alle intuizioni, più spazio alla scienza. Le rivoluzioni, storicamente, sono sempre iniziate così. Di nuovo, chi non saprà adattarsi, sarà destinato all’estinzione. Le banche tradizionali sapranno raccogliere la sfida?

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