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Salvare Isernia e chiudere Termoli, il baratto dei punti nascita. Facciolla furioso: voglio sapere chi ha proposto lo scambio

La nota del Ministero, diffusa ieri, ha lasciato tutti di stucco: la Regione Molise avrebbe chiesto una deroga per il Veneziale e il parere positivo sarebbe stato concesso in cambio del sacrificio del San Timoteo. Il dg Sosto ha spiegato e smentito la ricostruzione. Il segretario regionale Facciolla non si accontenta e rilancia: faremo accesso agli atti e interrogazioni parlamentari. Deve essere chiarito chi ha fatto cosa e perché


di Lucia Sammartino

CAMPOBASSO. “Di una cosa sono certissimo – dice Vittorino Facciolla, ex vicepresidente della Giunta di centrosinistra e attuale segretario regionale del Pd -: fino al 22 aprile 2018 una cosa del genere non è mai stata proposta”.

Il casus belli scoppia quando arriva una nota del Ministero della Salute, smentita ieri in conferenza stampa dal direttore generale dell’Asrem, Gennaro Sosto, ma comunque messe nero su bianco dalla titolare del Dicastero alla Salute.

Chiudere il punto nascita del San Timoteo per salvare quello del Veneziale di Isernia. Parole improvvide, che secondo Facciolla, vanno chiarite.

“Non mi posso, non ci possiamo accontentare della risposta del Dg Sosto – dice mentre raggiunge Campobasso perché vuole verificare, carte alla mano, la fondatezza del ‘messaggio ‘ del ministro pentastellato – c’è un atto aziendale Asrem che, successivamente al 22 aprile 2018 (data dalle elezioni regionali e quindi del periodo in cui Paolo Frattura ha ricoperto anche il ruolo di commissario per la sanità regionale, ndr) impegna in questo senso? Assieme alla delegazione del Partito Democratico stiamo preparando una interrogazione parlamentare e un accesso agli atti perché abbiamo bisogno del riscontro dei documenti per chiarire chi ha fatto cosa e perché”.

Domani mattina, a Termoli, Facciolla assieme al segretario della Federazione del Basso Molise, Oscar Scurti, e ad altri esponenti del Pd illustrerà le iniziative da mettere in campo perché la chiusura del Punto Nascita dell’ospedale San Timoteo venga revocata.

Ma il ‘presunto’ baratto che sarebbe avvenuto in danno della struttura termolese e che, quando si parla di diritti costituzionalmente garantiti che vengono meno, assume contorni inquietanti non può passare come una svista, come una leggerezza da sconfessare con due parole di rito.

La nota del Ministero è chiara: in relazione alla chiusura del punto nascita di Termoli, il ministero della Salute precisa che “il parere espresso dal Comitato percorso nascita nazionale è scaturito dalla disamina dei dati relativi agli standard di sicurezza previsti dall’accordo Stato Regioni 16.12.2010, oltre che dalla tendenziale diminuzione dei volumi di attività riscontrati a partire dal 2010.

La Regione Molise – afferma ancora la nota ministeriale – ha chiesto al Comitato percorso nascita un parere di deroga esclusivamente per il punto nascita di Isernia, il parere positivo è stato concesso a condizione che venisse chiuso il punto nascita dell’Ospedale San Timoteo di Termoli”.

Per quanto riguarda la carenza dei medici in Molise e non solo – conclude il ministero – , si sta provvedendo con interventi resi possibili dalle norme contenute nel decreto Calabria sia in prospettiva di lungo termine attraverso assunzioni oggi rese possibili, ma anche nell’immediato grazie alla possibilità di conferire incarichi a tempo determinato a medici specializzandi dell’ultimo e penultimo anno”.

La presunta richiesta della Regione Molise, alla quale il ministro Grillo fa riferimento in una nota ufficiale, è stata ‘rettificata’ eri dal dg Sosto, nel corso della conferenza stampa. Ma dalle strutture regionali non è arrivata alcuna spiegazione relativamente alle parole ‘pesanti’ che la titolare del Dicastero utilizza.

Vittorino Facciolla, che fino al 22 aprile 2018 è stato il braccio destro del commissario Frattura, s’inalbera e decide di raggiungere Campobasso per cercare la documentazione che attesti quello che la Grillo ha dichiarato. E, di primo mattino, affida ai social la sua riflessione.

“La gravità di tale dichiarazione ha costretto il direttore generale dell’Asrem, Gennaro Sosto, a smentire il ministro Grillo! Ma chissà dove sta la verità. Ce la dice il Ministro o il direttore generale della nostra azienda sanitaria? Sta di fatto che Sosto si è comunque visto costretto ad intervenire perché la dichiarazione del ministro si inseriva in un clima di caccia alle streghe dove tutti, ma proprio tutti, non aspettavano altro che crocifiggere il presunto ‘venditore del territorio’. Il direttore generale Sosto ha evidentemente valutato quale necessario intervenire nel tentativo di stemperare un clima già avvelenato per l’ingiustizia subita, in un territorio ritenuto politicamente periferico. Il Molise chiede rispetto. Noi, di certo, oltre all’interrogazione in consiglio Regionale dove chiederemo ogni necessario chiarimento, ci faremo portatori dell’esigenza di interrogare il Ministro Grillo nelle competenti sedi e, nel caso, chiedere che la stessa, offra le proprie scuse ai molisani. Per noi è essenziale che il punto nascite non chiuda e ci batteremo, in ogni sede, perché ciò non accada”.

Nel corso della conferenza stampa di ieri, quando i nodi sono arrivati al pettine, il commissario ad acta, Angelo Giustini, si è sbracciato letteralmente per confutare le dichiarazioni della Grillo. E già questo è quanto meno curioso.

Il manager Sosto ha spiegato che “avendo 3 punti nascita, il calo dei parti su uno dei tre è comunque fisiologico”. I numeri parlano chiaro: Isernia ha raggiunto i 500 parti ed una situazione orografica che rende indispensabile la presenza del punto nascita (considerato anche il bacino territoriale). Termoli, di contro, non raggiunge i 500 parti all’anno, la tendenza è alla diminuzione (previsti 300 nel 2019) anche perché è evidente che le partorienti preferiscano altre strutture extraregionali (come mai, nessuno se lo è chiesto: quale il problema del punto nascita di Termoli?) .

Quindi, secondo la ricostruzione del manager Sosto, il Comitato percorso nascita nazionale (che non è il Ministero, come precisa spesso e volentieri), con l’obiettivo di ottimizzare i numeri, ragiona di chiudere Termoli – che non ha i numeri e gli standard di sicurezza ma in compenso vanta strutture sanitarie vicine e facilmente raggiungibili – e, ‘in cambio’ lascia il punto nascita di Isernia che ha i numeri (nel 2019 dovrebbero essere 523 i parti), ha una evidente criticità orografica ed è il riferimento di una vasta area.

“La deroga a due situazioni limite non si poteva concedere – spiega ancora Sosto – e si è salvato quello che si avvicinava di più agli standard di sicurezza”.

E allora, perché la struttura del Ministero della Salute indica la Regione Molise come ‘mandante’ di questo scambio? Perché da via Genova nessuno spiega, non arrivano chiarimenti né smentite? Si può lasciar correre una ‘accusa’ di questo tipo?

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