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Coronavirus: si ferma il commercio. Proclamato lo sciopero dei lavoratori per il 29 Marzo

C’è chi in questi giorni, per la semplice ragione di uscire di casa, si reca nei supermercati e negli ipermercati della regione per acquistare anche un solo prodotto. Un fatto inaccettabile se si tiene conto delle disposizioni restrittive emanate dal governo con l’obiettivo di limitare il rischio contagio da Covid-19. A rimetterci sono soprattutto i lavoratori che sono preda del governo da una parte e delle imprese dall’altra. Vittime della necessità di dover garantire l’apertura obbligatoria delle attività per consentire il rifornimento dei beni di prima necessità. E così dopo gli ospedali sono diventati proprio gli esercizi commerciali i luoghi in cui è maggiore il rischio della diffusione del virus


CAMPOBASSO. Una dichiarazione durissima contro il governo che si conclude con un annuncio che non lascia margini all’interpretazione: “indizione dello sciopero dei lavoratori del commercio per l’intero turno di lavoro di domenica 29 marzo”.Lo comunica il coordinamento della Filcams Cgil Abruzzo-Molise che, per voce di Lucio Cipollini, ne spiega le motivazioni. 

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“Il settore del commercio – scrive – sta attraversando una fase particolarmente difficile. A seguito dell’emergenza coronavirus gran parte dei negozi non essenziali sono stati chiusi, con evidenti e pesantissime ripercussioni dal punto di vista economico per i lavoratori che restano a casa

Allo stesso tempo in tanti continuano a svolgere il proprio lavoro in condizioni difficilissime, spesso rischiando la propria salute. Nei giorni di emergenza si è creato un clima nel quale il commercio è diventato una valvola di sfogo per tutta la società.

Da una parte le imprese ormai si sentono forti della posizione di attività di prima necessità e dei continui annunci del governo che, insensibile alle continue denunce dei sindacati di categoria, continua a sostenere che non ci saranno restrizioni per gli esercizi commerciali e dall’altra parte ci sono i clienti che ormai hanno individuato nella “visita” ai negozi ed ai supermercati e ipermercati una delle poche motivazioni per poter uscire di casa.

 Spesso sui mezzi di informazione e sui social si parla delle file all’entrata dei negozi, ma nessuno si preoccupa di indagare su quanti sono quelli che vanno a fare la spesa tutti i giorni, alcuni anche più volte al giorno, uscendo con pochissimi prodotti, utili solo a giustificarsi in caso di controlli. La situazione diventa ancora più pesante nel fine settimana, quando quasi tutti sono a casa e la spesa è l’unica giustificazione in caso di controllo.

 Tutto questo – incalza Cipollini – espone sia i lavoratori che i clienti a un altissimo rischio di contagio. Un negozio non è un normale posto di lavoro. La presenza dei clienti che sono estranei alle direttive del datore di lavoro e dei protocolli di sicurezza, rende difficile -spesso impossibile- garantire il rispetto del contingentamento degli ingressi e delle distanze di sicurezza all’interno dei negozi. Le aperture per 13 ore al giorno 7 giorni su 7 non permettono una corretta e necessaria sanificazione dei locali. Anzi, in alcuni casi, la sanificazione non viene neppure affidata a ditte specializzate, ma effettuata dalle stesse commesse. In alcuni casi a inizio turno, prima di servire i clienti.

Il governo, seguito a ruota da mezzi di informazione e social, sono attentissimi a cosa succede ad esempio nei parchi pubblici all’aperto e ne vieta l’ingresso, ma non si preoccupano del fatto che i negozi sono oramai, dopo gli ospedali, il luogo di maggiore diffusione del virus.

Oggi alcune catene hanno deciso in autonomia di ridurre l’orario di apertura infrasettimanale e di ridurre l’orario o chiudere alla domenica. Per effetto di ciò i clienti si sentono autorizzati a spostarsi per raggiungere i negozi aperti, come dimostrano le testimonianze dei lavoratori e le tantissime ammende comminate dagli agenti di pubblica sicurezza negli ultimi giorni.

È una follia – denuncia il rappresentante della Filcams Cgil – che le istituzioni lascino queste scelte al libero arbitrio degli imprenditori!

Gli esercizi commerciali hanno un ruolo di fondamentale importanza, soprattutto in questo momento, ma, per il bene della salute pubblica e degli stessi lavoratori, bisogna far passare il messaggio che i negozi sono aperti solo per garantire l’approvvigionamento dei beni di prima necessità.
Non possiamo far finta di condurre gli stessi stili di vita, non ha senso continuare a rimanere aperti con gli stessi orari, sette giorni su sette.

Chiediamo che ci sia una normativa, anche a livello regionale, che limiti gli accessi nei negozi, gli orari di apertura infrasettimanale e che obblighi la chiusura di tutti gli esercizi commerciali la domenica.

Ridurre gli orari di apertura consente di rifornire gli scaffali in assenza di clienti, garantendo maggiore sicurezza. Chiudere la domenica è utile a garantire una sanificazione approfondita dei locali.

Fino a quando questo non ci sarà – conclude la nota – chiederemo a tutte le lavoratrici ed i lavoratori di scioperare nella giornata della domenica. Per attirare l’attenzione di tutti sulla mancanza di sicurezza nel settore e per ridurre il rischio di contagio per le lavoratrici e dei lavoratori del commercio, ma anche per i clienti”.

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