Ritardi nei tamponi, Regioni sotto accusa. Il Veneto brucia tutti e li affida ai medici di base

A oltre due mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria, si è ancora alle prese con i tempi lunghi nell’esecuzione dei test naso-faringei In assenza di indicazioni in grado di uniformare i comportamenti delle aziende sanitarie locali, ognuno procede per conto proprio, anche nella fase di sperimentazione di nuove forme di screening. Ecco una mappa dei comportamenti adottati nei vari territori, con criticità e anomalie che ancora permangono e rischiano di vanificare gli sforzi compiuti dai cittadini con il lockdown


CAMPOBASSO. Continuano ad esserci forti divergenze tra le regioni nell’effettuazione dei tamponi alla popolazione, con un numero che è ancora inferiore a quello che ci si attendeva, a più di due mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Ieri soltanto 64.263 in tutta Italia mentre per ottenere l’apprezzabile risultato di contenere la circolazione del virus isolando subito chi risulta positivo bisognerebbe viaggiare nell’ordine di almeno dei 100mila tamponi al giorno.

In attesa di indicazioni in grado di uniformare in tutta Italia le procedure per velocizzare e ampliare i test, la regione che più di tutte si è mossa meglio al momento è il Veneto che ha puntato dall’inizio su una politica di tamponi di massa che è stata in grado di arginare la diffusione del virus. 

Per velocizzare ancor di più le procedure il governatore leghista Luca Zaia, come si apprende in un articolo pubblicato sul sito Il Giornale.it, ha deciso di affidare ai medici ed ai pediatri di famiglia l’utilizzo delle procedure per la prescrizione del tampone.I cittadini veneti potranno fare il tampone dal medico di base a carico della sanità regionale. Tampone esente da ticket senza che ci sia bisogno dell’autorizzazione delle agenzie di sanità pubblica.

Ed il Veneto è già la regione che ad oggi ha eseguito il maggior numero di tamponi non in assoluto ma in rapporto alla propria popolazione: circa 500 ogni 10mila abitanti.

Le altre si stanno muovendo diversamente. La Toscana ad esempio ha puntato tutto sui test sierologici, che potranno essere eseguiti dai medici di famiglia, che però vengono ritenuti inutili per contenere la diffusione dell’epidemia al momento, ma avranno un’utilità in prospettiva per capire la quota della popolazione che ha sviluppato gli anticorpi.

Anche il Molise, così come annunciato in mattinata dal dg Asrem Florenzano nel corso di una intervista rilasciata alla rubrica Buongiorno Regione della Rai, ha acquistato i test sierologici ed è pronta a fare un primo screening su circa 500 persone che dallo scorso 4 maggio sono rientrate da altre regioni e si trovano ora in qurantena precauzionale.

Nel Lazio invece si punta anche sui tamponi in modalità “drive in”: effettuati in postazioni attrezzate sulla strada così da non far scendere il possibile caso sospetto. Attualmente se ne fanno mille al giorno.

In arrivo anche un altro tipo di test tramite saliva. Anche per questo però occorrerà un validazione a livello nazionale perché possa essere considerato affidabile soprattutto per un eventuale “patente di immunità” che al momento è ancora un miraggio. 

Dagli esempi riportati si evince che le regioni stanno adottando comportamenti in molti casi differenti. Resta il problema fondamentale dei ritardi nell’esecuzione dei test, dovuti in molti casi anche alla mancanza di reagenti da utilizzare in laboratorio. Se mancano questi ultimi i tamponi, anche se presenti in abbondanza, diventano inutili, con la conseguenza di allungare ulteriormente i tempi della battaglia contro il virus. 

Dav.Vit.

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