Coronavirus, il funerale rom finisce al centro di uno studio sulla ripartenza dei contagi

Il caso di Campobasso è diventato uno straordinario, seppur involontario, esperimento che può aiutare a capire come trattare il problema in altre zone d’Italia. Fondamentali i dati delle province


CAMPOBASSO. Continua a far parlare di sé il caso del funerale rom di Campobasso dello scorso 30 aprile, finito alla ribalta nazionale, a seguito dell’impennata dei contagi in Molise.  Quanto accaduto è diventato uno straordinario, seppur involontario, esperimento che può aiutare a capire come trattare il problema della ripartenza dei contagi in altre zone d’Italia.

Ad occuparsene e stato Roberto Battiston (fisico, già presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana) che ha pubblicato il suo studio sull’Huffington Post.

Diverse le sue osservazioni, dalle quali emerge tra l’altro l’importanza dei dati provinciali “che diventano uno strumento essenziale, in particolare nelle grandi regioni, per identificare, a 9-10 giorni da eventi infettivi anomali, la presenza di focolai come quello molisano e a intervenire di conseguenza. Non arriveranno prima né i test né i tamponi nel determinare un aumento degli infetti sintomatici dovuto ad un outbreak. Dove la densità di infetti è maggiore, per rendere evidente un focolaio è necessario monitorare l’evoluzione dei dati su porzioni di territorio più contenute.

Purtroppo i dati della Protezione civile non danno queste informazioni per le province, riportando solo il numero totale di casi: una quantità ben poco utile per questo tipo di analisi. Informazioni più dettagliate dovrebbero però esistere, perché sono quelle che concorrono a formare i dati regionali. Diventa imperativo metterle a disposizione di tutti coloro che sono interessati alla gestione della fase di riapertura e a disposizione della ricerca sulla diffusione del COVID-19”.

Il virus agisce nei rapporti interpersonali, “una dimensione – evidenzia ancora il fisico – che richiederebbe una analisi a livello della tracciabilità dei contatti individuali. In mancanza di strumenti idonei sarebbe bene che si mettessero a disposizione data base abbastanza capillari da permettere di evidenziare eventuali picchi locali, in modo da analizzarne le cause e procedere in tempi rapidi al loro contenimento”.

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