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Valzer di poltrone, il centrodestra non trova l’accordo: Forza Italia e Calenda si sfilano

Di Baggio, Cavaliere e l’ex consigliera leghista non sottoscrivono il nuovo organigramma sul quale la maggioranza aveva avuto carta bianca dal presidente Toma: uno dei due assessori sarebbe stato destinato a fare il sottosegretario, ruolo non gradito. Braccio di ferro anche sulla presidenza del Consiglio. Il forzista D’Egidio segue la linea del polo civico e firma. Glaciale il governatore: “Senza unanimità, deciderò io”


di Pasquale Bartolomeo


CAMPOBASSO. Sembrava fatta, invece non se ne esce.

Il centrodestra alla Regione Molise si avvita su se stesso e non trova l’unanimità sul documento ‘di rilancio’ di metà legislatura, con il quale si sarebbe dovuto cambiare passo e ritrovare compattezza dopo l’ultimo recente scivolone su Larino Covid hospital, con la maggioranza andata sotto in aula grazie ai voti del ‘solito’ Michele Iorio e delle pasionarie Mena Calenda e Aida Romagnuolo.

Forza Italia – con gli assessori/consiglieri Roberto Di Baggio e Nicola Cavaliere – e la consigliera del Gruppo Misto Filomena Calenda non firmano l’intesa sul nuovo ‘organigramma’ di governo, rimettendo così la palla nel campo del presidente Donato Toma. E riaprono, di fatto, la crisi in un centrodestra che appare sempre più dilaniato al proprio interno, incapace di ricompattarsi. L’implosione, stavolta, si deve alla mancata condivisione della bozza di riordino dei principali incarichi (5 assessorati, il ruolo di sottosegretario e lo scranno di presidente del Consiglio), in vista del ‘giro di boa’ di novembre.

Dunque, se la riunione di oggi doveva servire a congelare la crisi per qualche mese per poi procedere al rimpasto sulla base di un accordo condiviso, di fatto ha invece aperto nuove crepe. Con il partito di Toma, Forza Italia appunto, che secondo i rumors non avrebbe firmato per non dover rinunciare alle attuali rendite di posizione: l’abbandono di un assessorato in cambio del posto di sottosegretario, attualmente occupato da Quintino Pallante di Fratelli d’Italia. Forza Italia, insomma, avrebbe messo per prima i bastoni tra le ruote a Toma. Senza avere neppure l’unanimità al suo interno, visto che Armandino D’Egidio, tra i promotori del cosiddetto ‘polo civico’ insieme ad altri cinque consiglieri, ha invece sottoscritto il documento.

Quanto a Calenda, invece, l’ex leghista non avrebbe gradito la proposta di una o più nomine assessorili di cui, nel nuovo assetto, avrebbe potenzialmente beneficiato qualche consigliere: un avvicendamento, rispetto all’attuale quadro di Giunta e Consiglio, che di fatto le avrebbe tarpato le ali rispetto alle sue legittime aspirazioni. Insomma, un nuovo preoccupante stallo nella coalizione, in particolare intorno alla poltrona di presidente del Consiglio, occupata attualmente da Salvatore Micone (Udc) e ambita praticamente da tutto il resto del ‘mondo’. Nel documento sul nuovo organigramma Micone avrebbe cercato la riconferma, mentre Forza Italia avrebbe rivendicato il rispetto di un accordo di inizio legislatura che prevedeva l’avvicendamento tra l’Udc e Fdi (Pallante).

Nel rebus di fronte al quale ci si è arenati, la soluzione spetterà al governatore Toma, che aveva dato carta bianca agli 11 della sua maggioranza, ma a una condizione: l’unanimità. In mancanza, aveva anticipato, avrebbe deciso lui. Come nelle sue prerogative, assumendosi in pieno la responsabilità delle scelte e costringendo anche gli alleati a ‘guardarsi allo specchio’ prima di fare qualsiasi cosa. Intenzioni ribadite anche stasera, al telefono con isNews: “Se sarà davvero così – ha detto Toma – deciderò io. Di tempo ce n’è ancora, ma poi bisognerà decidere. Ho data carta bianca, ma se me la restituiscono bianca – ha chiosato con tono glaciale – penserò io a riempire il foglio. Poi, gli altri facciano quello che credono più opportuno”.

La crisi, va ricordato, si è aperta dopo la nomina di Michele Marone assessore esterno in quota Lega, provocando la ribellione di sei consiglieri (le due ex leghiste Calenda e Romagnuolo più Andrea Di Lucente, Salvatore Micone, Armandino D’Egidio e Gianluca Cefaratti, con gli ultimi due su posizioni meno belligeranti), coalizzatisi intorno a un ‘polo civico’ che aveva anche minacciato, con i suoi ‘falchi’, di votare la sfiducia al governatore Toma. Poi si era giunti a una tregua con il diretto interessato, pronto a rivedere i posti in Giunta e tutto il resto una volta giunti, tra cinque mesi, a metà del mandato. Oggi, l’occasione di rimettere le cose a posto: ma ognuno ha voluto alzare la posta. Ma a tirar troppo la corda…

 

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