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Piano sociale regionale fermo al palo da un anno, lo sfogo di Mazzuto: “Il Molise non può attendere”

L’ex assessore al welfare esprime rammarico per la mancata approvazione, da parte del consiglio, del piano deliberato ad Agosto del 2019 dalla giunta di Palazzo Vitale e non risparmia frecciate all’indirizzo della maggioranza


CAMPOBASSO. Parla senza mezzi termini di “piano sociale regionale bloccato nelle nebbie del consiglio di Palazzo D’Aimmo” l’ex assessore al welfare Luigi Mazzuto.

Dal 3 marzo scorso, giorno in cui il Consiglio ha affrontato la discussione del testo del nuovo piano triennale, approvato dalla Giunta regionale quasi un anno fanulla è più dato sapere sul suo iter di approvazione”, denuncia l’esponente della Lega che manifesta “preoccupazione e sconcerto per un ritardo  non giustificato e non giustificabile”.

“Preoccupazione – precisa Mazzuto – in quanto proprio in questo periodo storico sarebbe stato di fondamentale importanza mettere a disposizione del territorio uno strumento di programmazione che, attraverso la predisposizione dei Piani di zona, poteva attivare misure straordinarie anche per rispondere all’emergenza che stiamo vivendo; perché un ulteriore slittamento dell’approvazione, anche con le integrazioni e gli aggiustamenti che il Consiglio riterrà di introdurre, pone i Comuni capofila nella necessità di disporre, non so fino a che punto legittimamente, nuove proroghe nella gestione dei servizi sociali; perché la mancata approvazione del Piano non consente la revisione del regolamento regionale n. 1 del 2015 e successive modifiche, soprattutto nella parte che riguarda i requisiti organizzativi, funzionali e strutturali per il rilascio dei provvedimenti di autorizzazione e accreditamento dei servizi socio-assistenziali, residenziali, semiresidenziali e domiciliari, modifiche più volte sollecitate dalle centrali della cooperazione”.

“Sconcerto perché, in quella seduta, sembrava si discutesse di una proposta arrivata in Consiglio regionale per caso: in realtà, ed è un dato oggettivo e incontestabile, il testo è stato approvato dalla Giunta regionale già in data 29 agosto 2019 e trasmesso a tutti i consiglieri proprio per raccogliere osservazioni, rilievi, emendamenti. E’ stato, inoltre, messo a disposizione dell’intera rete territoriale, in modo diffuso e generalizzato, proprio perché vi era l’evidente volontà politica di arrivare ad un documento condiviso”.

L’ex assessore ricorda come si sia registrato un ampio e diffuso confronto con gli Ambiti territoriali e i sindaci, con i rappresentanti del Terzo Settore, delle centrali cooperative e dei patronati.  “Vorrei ricordare – precisa Mazzuto con tono polemico nei confronti di alcuni esponenti della maggioranza che lo avevano criticato – che la proposta di Piano è stata elaborata da un gruppo di lavoro costituito con deliberazioni di giunta regionale n. 567/18 e n. 236/19 e che ha visto la partecipazione, a titolo assolutamente gratuito, di professionisti ed esperti, conosciuti e riconosciuti, della struttura regionale, di tutti e sette gli ambiti territoriali sociali, dell’Asrem e dell’Anci. Il nuovo Piano può giovarsi di alcuni strumenti normativi e regolamentari definiti a livello nazionale a partire dal 2017: Piano Sociale Nazionale, Piano Nazionale di Contrasto alla povertà e Piano Nazionale per la Non Autosufficienza. Tutti documenti di programmazione ai quali ho preso parte attiva – spiega ancora Mazzuto – nella qualità di coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e che sono stati il risultato di un ampio confronto politico e tecnico con i rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’Anci, delle Città Metropolitane, dei sindacati, delle associazioni di volontariato maggiormente rappresentative. Tutta l’attività si è svolta, oltre che nelle commissioni competenti, soprattutto all’interno della rete di promozione e protezione sociale, attivata presso il Ministero del Lavoro, che vede la partecipazione di un sistema partenariale ampio e diffuso”.

La Regione ha provveduto a recepire il Piano nazionale di contrasto alla povertà con una programmazione propria in linea con quella centrale che prevede il trasferimento delle risorse direttamente agli ATS senza passare per il bilancio regionale, mentre resta a regia regionale il programma per il sostegno ai senza dimora (400 mila euro).

“Sempre su mia proposta – prosegue Mazzuto – ha recepito pure il Piano nazionale per la non autosufficienza con una propria pianificazione triennale (2019/2021) in grado di dare continuità ai servizi e alle risorse. A questo proposito – incalza l’ex assessore – voglio segnalare e stigmatizzare un aspetto importante che è stato ignorato di più: nel bilancio regionale per il 2020 la quota propria di 400 mila euro non risulta iscritta e quindi il programma e i servizi potranno essere realizzati con la sola quota nazionale ( 3,8 milioni di euro). Manca quindi il Piano sociale regionale”, denuncia Mazzuto.

 “Sono tutti strumenti programmatici di medio periodo che, oltre a definire puntualmente alcuni livelli essenziali delle prestazioni sociali, rappresentano – spiega – un significativo salto di qualità: garantiscono risorse certe e strutturali per le regioni e gli Ats per il triennio di vigenza e trasferimenti più rapidi delle risorse in ragione del non necessario passaggio in Conferenza delle regioni e in unificata. E’ di tutta evidenza che nel momento in cui ci si confronta con una pianificazione di medio periodo non si può cancellare o ignorare quello che si è fatto in precedenza, soprattutto se i risultati, pur con criticità più volte rappresentate dagli Ats, sono stati soddisfacenti. Non a caso la nuova programmazione sociale 2020-2022 si pone quale obiettivo prioritario quello di consolidare e rafforzare gli interventi e i servizi attivati nel periodo precedente”.

Mazzuto prosegue e si chiede: “Se il sistema di governance territoriale ha funzionato perché stravolgerlo? Se gli Ats, come sempre affermato dai sindaci e anche da molti consiglieri regionali, hanno permesso di assicurare a tutti i Comuni un servizio di segretariato sociale e un servizio sociale professionale, perché azzerare tutto? Molto più logico rafforzare quello che già esiste e funziona, cosa che prevede di realizzare il nuovo Piano” , precisa.

“Se i coordinatori della rete dei servizi hanno avuto la capacità di promuovere e realizzare una collaborazione positiva tra gli amministratori locali, i soggetti gestori dei servizi, le famiglie e i cittadini e di muoversi in sinergia con la Regione, perché modificarne le competenze?” , si chiede ancora Mazzuto.

“Se i livelli minimi di assistenza sono stati garantiti in modo diffuso e uniforme sul territorio non è più semplice e razionale arricchirli senza stravolgimenti (anche alla luce del mutato quadro di riferimento innanzi citato)? E se, al contrario, il Sistema Informativo sociale e socio sanitario e l’Osservatorio delle politiche sociali previsti dalla legge regionale, non sono stati attivati con la precedente programmazione è evidente che occorra riproporli e renderli, di fatto e finalmente, operativi. Se la Consulta regionale delle politiche sociali (Regione, Ats, Asrem. Anci, enti di Terzo Settore), in quanto mai insediata, non ha avuto modo di offrire il suo contributo in termini di valutazione e proposte sulla progettazione zonale si cambia la legge 13 o si creano i presupposti per farla funzionare, come è invece accaduto per la Conferenza dei coordinatori d’Ambito.

Una delle parole chiave della proposta di nuovo Piano Sociale, secondo Mazzuto, è ‘compatibilità’ tra le risorse umane, organizzative e strutturali con gli obiettivi dati e gli interventi da realizzare.

E’ ovvio – prosegue – che in sede di redazione dei piani sociali di zona i comuni, fermo restando l’obbligo di garantire uniformemente i livelli essenziali di assistenza, potranno orientare le loro scelte in funzione delle esigenze peculiari del proprio territorio e dei bisogni espressi dai cittadini.

E’ altrettanto scontato che progetti innovativi potranno essere realizzati in presenza di risorse nazionali, regionali e comunitarie, integrative o aggiuntive

Nel corso della discussione in consiglio sono emerse alcune indicazioni che ritengo pienamente condivisibili, ovvero: la necessità di attivare azioni in favore dei caregiver familiari; lavorare alla predisposizione di un piano regionale socio-sanitario; l’opportunità di una maggiore e migliore integrazione con le altre aree di intervento: turismo, sport, agricoltura.

Aggiungerei anche quelle legate alla programmazione di interventi strutturali in favore delle persone affette da spettro autistico e delle loro famiglie, oltre alla costituzione di un fondo dedicato a far fronte ai costi anticipati dai Comuni per le rette di ricovero dei minori collocati in strutture residenziali in seguito a provvedimenti della Magistratura minorile ( gli enti locali affrontano costi non sostenibili: oltre 2 milioni di euro per il biennio17/18 a fronte di uno stanziamento regionale di 250 mila euro).

Per quanto riguarda il tema Caregiver, come’è noto – spiega Mazzuto – è ancora ferma in Parlamento la discussione sul testo unitario che riconosce e definisce la figura del caregiver, il suo ruolo, le agevolazioni fiscali e previdenziali.
Si potrebbe, già da subito, realizzare un progetto sperimentale, da portare quanto prima a sistema, utilizzando le risorse (circa 300 mila euro) assegnate al Molise ai sensi della Finanziaria dello Stato per il 2018 ( la proposta di riparto è iscritta all’odg della Conferenza Unificata).In questo caso si dovrebbero considerare anche le famiglie dei ragazzi autistici.

Piano socio-sanitario regionale: l’ostacolo maggiore – osserva Mazzuto – è rappresentato dai vincoli posti dal piano di rientro dal debito sanitario che in buona misura bloccano le scelte nell’utilizzo del Fondo sanitario e ne limitano l’integrazione con quello sociale ( paradossalmente è quest’ultimo a dover coprire costi che assumono valenza sanitaria: la fornitura dei farmaci di Fascia C per le patologie rare, il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno per i cittadini che si recano fuori regione per fruire i prestazioni sanitarie non erogabili dalle strutture sanitarie regionali).

 Da ultimo – conclude Luigi Mazzuto – non posso che rinnovare il mio rammarico per la mancata approvazione del piano sociale, che sarebbe dovuta avvenire molto prima, in quanto già trasmesso al consiglio a fine agosto 2019 e che si poteva, ove se ne fosse ravvisata l’opportunità emendare o integrare.

Rammarico che è ancora più forte perché proprio in questa fase di grande emergenza e difficoltà sanitaria, sociale, economica mettere a disposizione dei comuni non solo una strategia di pianificazione degli interventi ma soprattutto le necessarie risorse economiche avrebbe rappresentato certamente un modo per rafforzare e implementare i servizi sul territorio”.

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