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Faccia a faccia col vulcano: lo scienziato isernino Mainella racconta l’eruzione del Cumbre Vieja

Il fisico lavora per la Fundación Galileo Galilei che gestisce a La Palma il Telescopio Nazionale Galileo per conto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica italiano. GUARDA LA FOTOGALLERY

di Camillo Pizzi

ISERNIA/TENERIFE. L’eruzione del vulcano Cumbre Vieja, che in questi giorni sta causando immensa preoccupazione nell’isola di La Palma nell’arcipelago delle Canarie (con conseguenze tragiche per fortuna solo a livello economico), ha un ‘testimone oculare’ nell’isernino Gianni Mainella, fisico che lavora per la Fundación Galileo Galilei – INAF che gestisce proprio in quell’isola il Tng, il Telescopio Nazionale Galileo per conto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica italiano.

07E, dal suo punto di vista ‘privilegiato’, Mainella racconta a Isnews ciò che sta succedendo su quel lembo di terra circondato dall’oceano Atlantico, che appartiene allo stato spagnolo, mostrando ai lettori anche alcune fotografie da lui realizzate, nonché una infografica da lui elaborata sull’evoluzione dell’eruzione.

“L’eruzione attuale interessa solo la parte sudoccidentale di La Palma, cioè il versante occidentale della montagna vulcanica chiamata Cumbre Vieja. Questa è l’unica area dell’isola a rischio vulcanico, un’area dove però vive quasi la metà degli abitanti dell’isola e dove c’è un’importante economia agricola. Il resto dell’isola è separato da questa zona da montagne alte 2000 metri e quindi non si vive in una situazione di pericolo immediato. Nella zona interessata invece la situazione è gravissima. L’eruzione – spiega Mainella – finora è di tipo stromboliano, cioè non esplosiva ma con fiumi di lava che procede lentamente ma inesorabilmente. Non ci sono quindi morti né feriti, ed è difficile che ce ne siano. Ma a cinque giorni dall’inizio dell’eruzione la lava forma un fronte largo oltre 500 metri e alto dai 4 ai 15 metri che ha già coperto 160 ettari e distrutto oltre 300 abitazioni. In un’area con circa 35mila abitanti, ci sono già oltre 6mila sfollati, tra chi ha perso la casa e chi è stato evacuato per precauzione. La zona dove lavoro io, cioè l’area degli osservatori astrofisici è nel nord, nel punto più alto dell’isola, il Roque de los Muchachos, a circa 2400 metri sul livello del mare, e distante circa 20 km in linea d’aria dalla zona dell’eruzione. Da qui si vede chiaramente l’enorme colonna di fumo e gas che si innalza per oltre 4mila metri e, quando non c’è il tipico mare di nuvole, si vedono anche le bocche in eruzione. Trattandosi di una parte dell’isola in cui l’attività vulcanica è ormai cessata in epoche geologiche passate, non c’è un pericolo immediato. Bisogna però prestare particolare attenzione alla ricaduta di ceneri che potrebbero danneggiare le ottiche dei telescopi. Non stiamo parlando ovviamente di danni macroscopici, ma di danni microscopici che però potrebbero comprometterne le prestazioni scientifiche. Per il momento restiamo comunque molto attenti all’evolversi della situazione”.

Una situazione che, quindi, a livello personale sembra tranquilla (anche a conforto dei parenti e degli amici in Italia dello scienziato), ma, in ogni caso, tutto è pianificato in caso di pericolo.

“Nell’area osservativa del Roque de los Muchachos, oltre al TNG sono presenti anche altri telescopi di diversi paesi europei. Si tratta di un luogo in alta montagna distante un’ora di guida dalla cittadina più vicina e collegato con una strada abbastanza impervia. Esiste quindi in modo permanente un coordinamento logistico per tutto il personale che a vario titolo vi lavora. Ed esistono piani e protocolli di emergenza in coordinazione con quelli delle autorità insulari per situazioni di maltempo, incendi forestali ed altro tipo di emergenze anche più gravi. Chi di noi dovesse trovarsi lì in coincidenza di eventuali sviluppi gravi e imprevisti di questa situazione seguirebbe questi protocolli. È tutto molto ben organizzato. Allo stesso modo di come stanno affrontando questa emergenza sia la popolazione sia le autorità. Esiste – precisa il fisico isernino – un monitoraggio permanente dell’attività sismica e vulcanica da parte delle autorità civili, dell’Istituto Geografico Nazionale spagnolo e dell’Istituto di Vulcanologia delle Canarie. Una decina di giorni prima dell’eruzione era stata rilevata strumentalmente tutta una serie di piccole scosse sismiche anomale, interpretabili come segnale precursore di un possibile movimento di magma verso la superficie, ed era quindi stato attivato e comunicato alla popolazione un allarme giallo per il rischio di una possibile eruzione, come poi è avvenuto. C’è stata una buona collaborazione tra autorità e popolazione per le evacuazioni man mano che si rendevano necessarie. In più c’è stata una grande solidarietà tra gli abitanti dell’isola. Per esempio chi possedeva camion o rimorchi di ogni tipo si è messo a disposizione per aiutare a portar via oggetti, mobili e quant’altro dalle case che sarebbero state inevitabilmente inghiottite dal fiume di lava. Sono stati offerti terreni da privati per il ricovero temporaneo di animali e si stanno raccogliendo generi di prima necessità nel resto dell’isola e nelle altre isole. Le persone evacuate sono state accolte nei classici centri di prima accoglienza. Molti già iniziano a venir alloggiati in hotel, e il Governo regionale delle Canarie ha dichiarato di voler acquistare case e appartamenti nell’isola per alloggiare in modo più degno chi ha perso la casa, in attesa di una futura ricostruzione”.

Gianni Mainella è una delle tante ‘menti’ molisane che si stanno facendo apprezzare e valere al di fuori dei confini nazionali. La sua avventura alle Canarie è cominciata quasi 25 anni fa.

“Mi sono laureato in Fisica all’Università La Sapienza di Roma. Nei primi anni post-laurea ho fatto parte del Gruppo di Cosmologia Sperimentale del Dipartimento di Fisica di quella università, occupandomi principalmente di un telescopio per lunghezze d’onda millimetriche sulle Alpi. Poi, nel 1997, sono passato alla Fisica Solare, lavorando al Telescopio Solare THEMIS, a Tenerife. Ed infine, nel 2004, sono passato a lavorare per la “Fundación Galileo Galilei – INAF”, facendo il pendolare tra Tenerife, dove vivo, e La Palma. A La Palma vado una-due volte al mese per 5-6 giorni: sono andato lì il giorno dopo l’eruzione e sono rimasto come sempre alcuni giorni. Ora sono a Tenerife ma tra qualche giorno dovrò tornarci, sperando che le ceneri non blocchino l’aeroporto; altrimenti andrò via mare. Qui mi occupo fondamentalmente, insieme ad altri colleghi, della gestione dell’attività osservativa notturna. Il TNG è un telescopio con un grande specchio principale di circa 4 metri di diametro, costruito negli anni 90 dalla comunità scientifica italiana, ma che ormai ha personale di molte nazionalità. Realizziamo osservazioni per conto di gruppi di ricerca italiani e internazionali, con i quali in molti casi esiste una collaborazione scientifica diretta. Tra i vari campi di ricerca per i quali viene utilizzato il TNG ci sono la ricerca e lo studio di pianeti extrasolari, l’osservazione di GRB – Gamma Ray Bursts, cioè i lampi a raggi gamma emessi in regioni esterne alla nostra galassia, l’osservazione di Supernove, le esplosioni di stelle alla fine del loro ciclo di attività, e l’osservazione di asteroidi, comete e altri oggetti del nostro sistema solare. Da alcuni anni sono tornato anche ad occuparmi di Fisica Solare, collaborando con colleghi italiani dell’Università di Roma-TorVergata ad alcuni aspetti della fase preparatoria di EST, il futuro grande Telescopio Solare Europeo in procinto di essere istallato sempre nell’area osservativa di La Palma.

Ed infine, in questi ultimi 30 anni, parallelamente all’attività di ricerca, continuo ad occuparmi, di didattica e divulgazione della scienza e della storia della scienza”. Infatti, ogni qualvolta rientra in Italia, è ospite delle scuole dove svolge la sua attività divulgativa. E, a tal proposito, a conclusione dell’intervista, Mainella ci tiene a fare delle precisazioni su alcune notizie catastrofiche che girano in rete, da considerarsi quasi delle ‘fake news’.

“In occasione di questa eruzione sono tornate in auge notizie su un possibile crollo nell’oceano di una intera parte dell’isola di La Palma, cosa che provocherebbe a sua volta un terribile tsunami con effetti distruttivi fin sulle coste americane. E come al solito, purtroppo, il pubblico si divide inevitabilmente su posizioni catastrofiste o negazioniste. Invece il modo scientificamente corretto di porsi dovrebbe essere quello di capire da dove nasce la notizia e, nel caso si tratti di uno studio scientifico, quale sia il suo reale contenuto. Tutto nasce 20 anni fa dalla pubblicazione di uno studio di geofisica da parte di Steven Ward della Università della California – Santa Cruz e di Simon Day dello University College di Londra, e dal successivo documentario della BBC basato sul loro lavoro. Il vulcanismo delle canarie è stato sia costruttivo che distruttivo. Basta fare un giro dell’arcipelago in 3D con Google Earth per vedere che a molte isole mancano dei pezzi. L’attività vulcanica infatti ha creato edifici vulcanici grandi e instabili che sono poi parzialmente crollati. L’idea alla base dello studio di cui parliamo è che ciò che è accaduto in ere geologiche passate può accadere nuovamente. In quello studio si sosteneva la possibilità di un crollo del lato occidentale dell’isola di La Palma a causa della attività vulcanica e, dal momento che non si ha conoscenza di come eventi di questo tipo possano essere accaduti in passato, veniva proposto un modello di come ciò potrebbe accadere. Nello specifico, una delle disastrose conseguenze sarebbe il famoso mega-tsunami. L’obiettivo di quel lavoro scientifico era la modellizzazione dell’evento e non veniva affrontato il problema della stima della sua probabilità reale. Non a caso il titolo dell’articolo era ‘Potential collapse …’. Questo aspetto è invece stato affrontato successivamente da altri scienziati; in particolare due studi pubblicati rispettivamente nel 2006 e nel 2015 stimano questa probabilità come di molto inferiore a 1 ogni 100.000 anni. Un valore estremamente basso che, insieme alle evidenze geofisiche della attuale stabilità della struttura dell’isola, permette di definire come estremamente improbabile un evento di questo tipo in un futuro prossimo”.

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