HomeMEDIA E TECNOLOGIALa Balena blu: il gioco dell’orrore che spinge al suicidio

La Balena blu: il gioco dell’orrore che spinge al suicidio

L’I-Forensics Team analizza il fenomeno on line che ha già portato alla morte oltre 150 adolescenti


La rete, con tutti i suoi servizi, permette di comunicare col mondo intero e di conoscere moltissime cose. Tuttavia, questo strumento, utile e versatile, nasconde anche pericoli e insidie; minacce che possono essere tranquillamente scongiurate con un’adeguata (e aggiornata) formazione, sia di tipo tecnico, ma soprattutto di tipo comportamentale. L’internauta può essere paragonato a un marinaio che naviga in un grande oceano digitale, dove onde di informazioni viaggiano e si muovono senza fermarsi mai. Per poter arrivare sani e salvi a destinazione è necessario conoscere le ‘acque’ che si attraversano, i pericoli che vi si annidano e cosa fare se si scatena un fortunale. Un navigatore sprovveduto e incosciente, prima o poi, cadrà vittima di ‘squali’, affamati e pericolosi, capaci di provocare danni anche nella vita reale.

Il ‘Blue Whale Challenge’ o ‘Sfida della Balena Blu’ è l’ultima pericolosa moda che ha trovato nella rete e, in modo particolare, nei social network di tutto il mondo, un terreno fertile per diffondersi e produrre le sue mortali conseguenze. Nel ‘gioco del suicidio’, i partecipanti sono obbligati a compiere 50 ‘missioni’ e a concludere la sfida lanciandosi dall’edificio più alto della propria città. Il gioco (se di gioco si può parlare) si fonda sulla totale dipendenza dei partecipanti agli amministratori (o tutor) che dettano le missioni da compiere e vigilano sulla loro riuscita. Il suo ideatore è stato un giovane studente di psicologia, un certo Philipp Budeikin, che ne ha curato la diffusione su ‘VKontakte’, il principale social network russo. Budeikin, ben conoscendo i meccanismi psicologici che permettono di condizionare le giovani (e manipolabili) menti adolescenziali, sarebbe riuscito a far suicidare almeno 150 internauti russi, tra i 9 e i 16 anni di età. Arrestato dalle autorità, non ha dimostrato alcun segno di pentimento: Budeikin considerava semplici ‘scarti biologici’ gli sprovveduti giocatori di Blue Whale. Le missioni sono state studiate per inculcare, nella mente di un giovane, magari già provata da particolari situazioni familiari, pericolosi istinti depressivi, autolesionistici e suicidi.

Coloro che intendono partecipare al Blue Whale devono, infatti, incidersi tagli e disegni (come quello di una balena) sul proprio corpo per dimostrare la loro totale dipendenza alle regole e ai tutor del gioco. Chi infrange anche una sola di queste regole viene minacciato di morte, insieme alla sua famiglia, e diventa vittima di cyberbullismo. Paradossalmente, nelle sfide del Blue Whale, gli adolescenti, depressi e confusi, riescono a sentirsi apprezzati e a ritrovare un certo senso di gratificazione, seppur in modo perverso. Secondo gli psicologi, il rischio di emulazione è altissimo e visto l’attuale contagio virtuale, che ha permesso al fenomeno di approdare anche su altre piattaforme sociali, nessuna nazione può considerarsi immune, nemmeno l’Italia. Nel nostro Paese, infatti, esattamente a Livorno, un 15enne si è tolto la vita lanciandosi da un palazzo di ventisei piani e diventando la prima vittima accertata di nazionalità italiana del famigerato Blue Whale. Nella città di Teramo, invece, ‘tracce’ del gioco sono state segnalate anche su Whatsapp.

Il fenomeno Blue Whale sta suscitando preoccupazione non solo negli ambienti investigativi ma, addirittura, tra gli ‘hacktivist’ di Anonymous, impegnati a rintracciare i tutor del gioco per assicurarli alla giustizia. Tra le tante iniziative nate per contrastare il fenomeno, c’è anche quello della ‘Balena Rosa’, una versione del gioco finalizzata a diffondere il bene e il rispetto della vita umana. Blue Whale è l’ennesima dimostrazione che la sicurezza informatica, da molto tempo pericolosamente snobbata e sottovalutata da presidi sempre più impegnati, da insegnanti sempre meno attenti e da confusi e impreparati genitori, deve essere insegnata come materia curriculare nelle scuole di ogni ordine e grado ed anche nelle famiglie, per dotare le future generazioni di conoscenze (tecniche e comportamentali) indispensabili per evitare simili e pericolosi condizionamenti digitali.                                             

                                                                                                    I-Forensics Team

 

 

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