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Chiude Google+ tra omissioni sulla violazione dei dati personali degli utenti e aspettative tradite

Si rivela un fallimento il social network lanciato dall’azienda statunitense leader nel settore dei servizi online. L’esperta di informatica giuridica Pamela La Farciola chiarisce la questione


di Pamela La Farciola

MEDIA&TECNOLOGIA. Google+ sarà ricordato soprattutto per aver messo a rischio per anni i dati personali di oltre 500mila utenti e non come la piattaforma social lanciata nel 2011 per contrastare il dominio di Facebook. Google+ è ritenuto uno dei più grandi flop della società californiana non solo per non essere riuscito a contrastare Facebook ma soprattutto per aver generato forti violazioni dei dati personali degli utenti. A causa del bug informatico, infatti, gli sviluppatori esterni di 488 app di Google hanno avuto accesso potenziale ai dati di mezzo milione di persone – nome e cognome, e-mail, ma anche data di nascita, sesso, professione e indirizzo di residenza – tra il 2015 e il marzo 2018. Quando il problema è stato individuato e risolto si decise allora di non darne notizia per i timori di maxi multe da parte delle autorità garanti in materia di protezione dati personali e per i danni di immagine.

La notizia è stata rivelata recentemente dal Wall Street Journal. Pochi minuti dopo la pubblicazione dell’articolo sul sito del giornale finanziario americano, Google ha pubblicato sul suo blog una nota in cui annuncia la chiusura di Google+ a tutela dei consumatori e introduceva nuovi strumenti di privacy per limitare gli sviluppatori e il loro uso di informazioni.
L’annuncio non è bastato però ad allentare le critiche per la scelta di fare silenzio sull’incidente, scoperto da un’indagine interna che ha fatto ripensare al caso di Facebook e Cambridge Analytica, la società di big data fondata da Steve Bannon che utilizzò le informazioni personali di oltre 50 milioni di utenti americani del social network senza autorizzazione. Un caso che sollevò l’attenzione delle autorità regolamentari di tutto il mondo e spinse le richieste per normative più stringenti in Europa e negli Stati Uniti a tutela della privacy su internet.

Google nel post sul blog aziendale si difende spiegando che la decisione di non comunicare l’incidente è legata alla natura del problema e alla sua entità, secondo la società, ritenuta limitata.

A salvare ora la società californiana da una multa miliardaria della Ue, che potrebbe essere pari al 2% dei ricavi totali, è il fatto che le nuove regole europee di protezione dei dati personali siano divenute pienamente applicabili dal 25 maggio mentre l’incidente è stato archiviato nel mese di marzo. Tuttavia, dopo questo scandalo Google, forse per mettere a tacere tutte le polemiche, ha deciso di chiudere per sempre il suo social network che iniziato con grandi aspettative è finito con poca fortuna.

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