CAMPOBASSO. Che il Molise possa rappresentare un problema per lo Stato centrale, onestamente, sembra una grossa bufala: come se le sacche di spreco improduttive e i centri di sperpero fossero tutti concentrati nella nostra regione. Come se il Lazio (laddove coabitano Quirinale, Camera, Senato, Ministeri, sedi istituzionali distaccate, uffici di rappresentanza e chi più ne ha più ne metta) di sprechi non ne avesse mai avuti. Come mai, poi, si continui a stipendiare lautamente – il più delle volte con scarsissimi risultati – ben 945 parlamentari è un mistero tutto italiano che prontamente e volutamente viene dimenticato, se c’è qualcuno che tira fuori dal cilindro la cancellazione del Molise. Una strategia che di strategia ha zero, perché l’abolizione di una regione è cosa seria e può portare vantaggi al sistema Italia solo e soltanto se inserita in una riforma organica e logica di tutto l’apparato statale, di tutta l’architettura parastatale e che interessi tutte le Regioni, dalla prima all’ultima, abbandonando definitivamente la logica statalista e burocratica da azzeccagarbugli che penalizza tutto ciò che è piccolo. Cittadini trasformati in numeri, territori devastati per formule matematiche, servizi smantellati per equazioni: ma che razza di Paese stiamo diventando? I molisani devono pretendere di essere coinvolti dalla politica in un processo che li riguarda da vicino, onde evitare di assistere passivamente a scelte calate e imposte dall’alto che interessano il futuro nostro e dei nostri figli. I molisani devono pretendere chiarezza dall’attuale classe dirigente: il governatore Frattura cosa vuole farne del Molise? E con lui, la delegazione parlamentare del PD che idea ha sul destino di questa regione? Perché è impensabile continuare a mantenere il livello della discussione al di sotto dell’asticella della decenza: zero idee, zero sviluppo, zero lavoro, zero dibattito. In Molise non si discute più di nulla, se non dello scandalo dei portaborse, delle indennità regionali aumentate, delle inchieste giudiziarie, dei conflitti d’interesse del presidente della Regione, del numero dei molisani che quotidianamente perdono servizi, lavoro e dignità, come se inseriti un sistema di anarchia senza più regole e senza più garanzie. Costretti ad assistere a un dibattito povero, sterile, autoreferenziale, che non decolla e che permette a chi ci governa – ad esempio – di affermare che lo sviluppo del Molise possa passare per la costruzione di centrali a biomasse nel cuore del Matese, laddove le popolazioni dovrebbero vivere solo di turismo e di natura. In sostanza, il problema dei molisani è nel nome e nel mantenere l’autonomia (basterebbe semplicemente ‘farci chiamare’ abruzzesi per avere servizi migliori?) o nell’assenza di una classe politica attenta e lungimirante che tenga vivo l’orgoglio e il sentimento di appartenere a un territorio? Perché se oggi i molisani preferiscono l’eutanasia alla sopravvivenza (il sondaggio del quotidiano ‘Primo Piano Molise’ lo conferma) lo si deve esclusivamente al degrado culturale e politico cui stiamo assistendo e, in assenza di lavoro e di servizi, la perdita d’autonomia sembra rappresentare l’unica salvezza. Quando la vera salvezza, invece, resta la cabina elettorale e passa per la scelta degli uomini migliori. Ma su questo tema, purtroppo, i molisani non possono essere assolti.
masaniello
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