HomeSenza categoriaI falsi miti social sull’immigrazione

I falsi miti social sull’immigrazione

Un altro falso mito social è quello che narra di un’invasione senza precedenti. Ebbene, le statistiche riferiscono di un’Europa che accoglie solo il 6% dei richiedenti asilo. E di profughi che fuggono dalle guerre spostandosi perlopiù verso i Paesi limitrofi al proprio. Pertanto, la gran parte di rifugiati resta nelle zone meno ricche del pianeta. Dai dati dell’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) e diffusi da ‘The post Internazionale e daLe Nius’, in Italia sono sbarcati nel 2016 118mila rifugiati e 60mila richiedenti asilo. Nei primi sei mesi dell’anno sono giunte 83.731 persone, oltre 23mila solo a giugno. Ma a livello globale, i Paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono nell’ordine la Turchia (2,5 milioni), il Pakistan (1,6 milioni) e il Libano (1,1, milioni). Senza giustificazione anche la frase ‘aiutiamoli a casa loro’. Purtroppo, la quasi totalità dei richiedenti asilo fugge dalle guerre e non c’è modo di tenerli ‘a casa propria’. La disperazione spinge gli uomini a scappare e il respingimento non fa altro che aumentare la tratta, il traffico illecito.

immigrati cellulareLa fuga dall’orrore della guerra, ad esempio facendo riferimento al conflitto in Siria, di per sé indica che i migranti non sono necessariamente poveri. Fuggono dalla morte, ma ciò non vieta loro di possedere degli smartphone. O meglio, il possesso di un cellulare non toglie loro il diritto di chiedere asilo politico. E per chi non ne avesse proprio idea, sono diversi i motivi all’origine della fuga, per una situazione geopolitica comunque molto complessa. Si sappia quindi che in Siria, Iraq, Nigeria, Afghanistan, Sud Sudan, Yemen e Somalia c’è la guerra; il Mali è preda dell’instabilità politica e militare; in Eritrea e Gambia vigono regimi oppressivi; situazioni critiche, violente e di estrema povertà interessano il Senegal, lago Chad, la Costa d’Avorio e la Tunisia. Mentre le crisi umanitarie attanagliano la Nigeria, il Camerun, il Niger e il Ciad. Sono posti lontani, ma ognuno di noi dovrebbe ricordare che sono comunque abitati da esseri umani.

Persone che un altro luogo comune descriverebbe come ‘ladri di lavoro’ o peggio terroristi. In realtà, recenti studi di Confindustria, riferiti sempre dall’organizzazione di Medici senza frontiere, certificherebbero che gli immigrati avrebbero finora “donato” al nostro paese circa un punto di Pil di contributi sociali. La loro manodopera riuscirebbe a garantire in molti casi la sopravvivenza di diverse aziende, specialmente operanti nel comparto agricolo, grazie a una forza lavoro disposta ad adattarsi a mestieri che molti italiani si rifiuterebbero di svolgere. Anzi, resterebbe in piedi il problema dello sfruttamento dei braccianti agricoli, specie nel Sud. Inoltre, ad oggi, anche il sistema dell’accoglienza, bene organizzato, sarebbe in grado di garantire nuovi posti di lavoro ai giovani e ai meno giovani disoccupati.

Per quanto riguarda il terrorismo, infine, la storia ha purtroppo dimostrato come la gran parte degli attentatori fosse radicalizzata nel contesto occidentale. E che proprio in rete avviene l’adescamento. Dunque, il pericolo spesso ‘corre’ sui social. Bisognerebbe imparare a navigare senza restare imbrigliati nei luoghi comuni. Pena l’ignoranza e la disinformazione che si diffondono con il meccanismo della ‘catena di Sant’Antonio’.

Alessandra Decini

 

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