A tre anni dalla sospensiva che ha evitato il tracollo per l’ente, con conseguente pagamento di 5 milioni di euro nei confronti della Spinosa Costruzioni Generali spa, l’amministrazione d’Apollonio chiamata a decidere: attendere la sentenza definitiva della Cassazione, in dirittura d’arrivo, con tutti i rischi del caso; o tentare la via dell’accordo transattivo, di cui si sono perse le tracce dopo la prematura scomparsa del presidente dell’azienda edile
di Pasquale Bartolomeo
ISERNIA. E’ sempre più disseminato di trappole il cammino dell’amministrazione comunale di Isernia. Di recente, l’amara sorpresa della sanzione irrogata dal ministero dell’Interno per lo sforamento del patto di stabilità 2010, per oltre 507mila euro – somma decurtata dal Viminale dal Fondo di solidarietà 2017 spettante al Comune di Isernia – che comunque la Giunta guidata da Giacomo d’Apollonio ha deciso di impugnare nel criterio temporale di applicazione, poiché la norma parla di irrogazione della sanzione nell’anno successivo all’accertamento dello sforamento del Patto di stabilità. L’appello del Comune, in pratica, si fonda sul fatto che l’anno di accertamento della sanzione per l’ente è il 2017, e dunque la sanzione andrebbe applicata nel 2018, con la possibilità per il Municipio di prevedere le minori risorse nel bilancio di previsione.
Minori risorse per, appunto, 507mila euro: ma ben altra cifra è quella al centro del contenzioso con la ditta Spinosa Costruzioni Generali spa, il cosiddetto ‘lodo Spinosa’, che vede il Comune pentro condannato a pagare qualcosa come oltre 5 milioni di euro per una causa civile iniziata negli anni Novanta. Il tracollo, insomma: evitato finora grazie alla Corte d’Appello di Roma, che nel settembre 2014 ha accordato la sospensiva alla provvisoria esecutività della sentenza, che condannava il Comune a risarcire la ditta.
LE ORIGINI. Ma da dove nasce il ‘guaio’ per Palazzo San Francesco? Le origini del lodo Spinosa, come detto, risalgono addirittura agli anni Novanta, con l’azienda edile che aveva espletato parte dei lavori per l’acquedotto comunale (realizzando i due serbatoi di Colle dei Cerri, nei pressi di Valle Soda, e di San Lazzaro, oltre alle condutture che vanno dal quartiere medesimo alla piana di Carpinone). Durante l’esecuzione degli stessi, la ditta aveva avanzato una corposa serie di riserve tecniche, in base alle quali sosteneva di avere diritto alla maggiorazione del prezzo pattuito. Ultimate le opere, la Spinosa sembrava intenzionata a proporre una transazione con la Giunta allora in carica. Ma dell’accordo si sono perse le tracce.
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