Successo per lo spettacolo del noto artista, che ha portato in scena ‘La Divina Commediola’ (guarda il video)


di Donato Giannini

Risate, tante, e pensieri rivolti all’Africa hanno accompagnato il lungo monologo di Giobbe Covatta, andato in scena sabato sera all’Auditorium di Isernia. La Divina Commediola, scritta e interpretata da Ciro Alighieri di Castellammare di Stabia, ha incassato il consenso del pubblico, sia in termini di numeri che per l’apprezzamento. L’attore napoletano ha intrattenuto per circa un’ora e mezza le persone in sala (circa 500) che, tra applausi e risate continue, hanno potuto assistere a una serata spassosa, con tante sfumature e riverberi di un mondo povero di risorse come quello dell’Africa e povero intellettualmente come quello della razza umana. Possono sorridere la Pro Loco pentra e l’Amministrazione per la riuscita della serata.

Buonasera Giobbe, non ho ancora visto lo spettacolo, ma immagino ci siano battute dal retrogusto riflessivo, come tuo solito, vero?
“Pensa, io l’ho visto e non so di che si tratta (tono ironico e un’ampia risata, ndr). Quando scrivo uno spettacolo non scrivo un comizio, le persone devono venire e divertirsi, anche se non si è d’accordo con quello che dico. In un teatro veneto un funzionario mi avvertì della presenza in sala di un’esponente della Lega e io dissi ‘vabbuò e che vuò fa’ mo?’. Alla fine dello spettacolo il tipo della Lega mi venne vicino mi disse: ‘Io non sono d’accordo nemmeno su una parola di quello che hai detto, ma mi sono divertito molto’. Ecco, diciamo questo è lo scopo”.

In ogni caso, le tue parole spesso fanno riferimento ad argomenti più impegnati.
“Si toccano argomenti seri come ‘La carta dei diritti dell’infanzia’, trattata in maniera gioviale, giocosa. Forse ogni tanto la battuta tende a stimolare qualche senso di colpa. Il tono dello spettacolo comunque è quello lì, poi una sera uno può stare più incazzato o meno”.

Uno degli argomenti portanti è l’Africa e il tuo rapporto con le persone africane. Questo è sempre stato un tratto distintivo nella tua vita. Ti muovi in continuazione e il lavoro che svolgi lì da anni ti ha fatto acquisire una conoscenza particolare degli abitanti e sei, soprattutto, un sostenitore della formula ‘aiutiamoli a casa loro’, nella maniera più nobile possibile.
“Aiutiamoli a casa loro è uno slogan che urlo da trent’anni, ma c’è un meccanismo fumoso e truffaldino intorno. Esiste una storia di saccheggio subìto dall’Africa, esiste un Ministero e una legge sulla cooperazione internazionale: lo 0,7% del PIL deve essere destinato alla cooperazione internazionale, che dovrebbe agire attraverso le attività sul posto, ma questo 0,7 non è stato mai pagato. C’è già tutto per poterlo fare, facciamolo! La realtà dice che non è mai successo nulla ed è semplicemente una mancanza non averlo fatto, tutto qua. Io sono un grande promotore di questa logica, di questa politica e non lo dico per evitare che vengano, ma perché mi sembra la cosa più normale e più sana del mondo, poi se qualcuno vuole e deve migrare è un altro discorso. La storia dell’umanità nasce dalla migrazione, dall’Africa”.

L’Africa ti ha sottratto di sicuro dalla tv perché da un po’ di tempo Giobbe Covatta non ha una presenza regolare, è così?
“Non partecipo più con una presenza costante. Alcuni mi chiedono di fare il commentatore politico: li ringrazio e mi sento orgoglioso di essere invitato a parlare di argomenti seri, ma se m’invitano per l’Africa avrei qualcosa da dire e ne so più di altri. Se mi invitano, invece, a fare il tuttologo, che ne parliamo a fa’ (risata, ndr). Per la cronaca, domani sera sarò da Fabio Fazio (ieri sera, ndr)”.

Ma i comici in tv pare abbiano una presenza sempre più sporadica, interventi brevi e nessuno ha un programma proprio. Secondo te con la presenza di quelli più impegnati, la satira oggi è messa in discussione?
“Quando avevo trent’anni facevo i lavori in tv, come fanno adesso i giovani. A un certo punto il comico si focalizza su alcune cose, inizia una ricerca e s’interessa solo a quella. Me non me ne fotte di andare a parlare del traffico, ecc. Non trovo stimolo a farlo. La tv, comunque, cerca di autodifendersi dai focolai che si accendono di qua e di là. Ci sono le scelte editoriali e le scelte private, come la mia. Io di fare il varietà non ne ho voglia e rifiuto spesso gli inviti, che c’ vagl’ a fa!”.

E fare tv in Africa?
“L’ho fatta! Molto naif ma anche molto divertente. Le pubblicità sono fantastiche”. Chiude simulando la pubblicità africana, ovvero con il volto immobile come una maschera, sorriso promozionale e pollice in su.

GUARDA L’ESTRATTO VIDEO DE ‘LA DIVINA COMMEDIOLA: IL CERVELLO DEGLI UOMINI E DELLE DONNE

 

 

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