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Feltri e la polemica sul Sud. Il direttore di Libero da bambino in Molise per “vacanze da terrone”

“La dimora era di proprietà di un signore, Baranello, il cui feudo era amministrato dal marito di zia Nella, Ernesto. Era talmente pregiato l’edificio in questione da essere dotato addirittura di un cesso, una rarità nel Mezzogiorno campagnolo degli anni ’50. I duemila abitanti del luogo campavano di pasta al pomodoro insaporita dal pecorino e una goccia (solamente una goccia) di olio. Dopo il tramonto i maggiorenti facevano lo struscio, passeggiando per corso Umberto (che attraversava interamente il centro urbano). Non ho mai capito perché indossassero la giacca del pigiama in pubblico e in largo anticipo sull’orario di andarsene a dormire”.

“Mio zio, Ernesto – continua il racconto – nonostante fosse in Molise da oltre 20 anni, parlava un italiano infarcito di termini dialettali bergamaschi, eppure tutti lo capivano. Per trasferirsi da una masseria all’altra, utilizzava un biroccio solido trainato da due cavalli. Adoravo i cavalli ed ero affascinato dal lavoro dello zio Ernesto. Nacque in questo modo la mia passione per gli equini. Nei giorni di festa arrivava la banda che in piazza organizzava concerti a cui nessuno del paese rinunciava, non vi erano altri intrattenimenti. Noi ascoltavamo la musica seduti su sedie che ci portavamo da casa. Tre mesi d’estate, e per almeno due lustri, questa fu la mia vacanza da terrone ad honorem, accolto e coccolato dai guardiesi lusingati dal fatto che avessi imparato perfettamente la loro lingua, un po’ napoletana e un po’ pugliese, assimilata grazie all’amicizia con qualche coetaneo locale con cui trascorrevo interminabili e assolati pomeriggi”.

“Confesso che al mare non ci sono mai andato, né allora né dopo. Ripiegavamo sul fiume, il Biferno. Ci tuffavamo nell’acqua fresca (mossa da una corrente vigorosa) e pulita, sempre trasparente; alcuni la bevevano con voluttà perché su, a Guardia, il prezioso liquido occorreva procurarselo alla fontana. La doccia e la vasca da bagno: non c’era anima che sapesse che fossero, roba misteriosa. Quello che per sommi capi ho narrato era il Sud di una volta, il Sud delle mie modeste e indimenticabili vacanze. Poi c’è qualche scemo che mi domanda perché da ragazzo sia stato di sinistra. Una decina di anni orsono tornai a Guardialfiera, invitato dall’amministrazione municipale, e fui accolto dalla banda. Mia moglie ed io volevamo sprofondare. Ma eravamo orgogliosi di essere diventati terroni ad ogni effetto. Ultima ammissione – concludeva Feltri – Non ho mai messo piede nel mare. Mi dicono sia salato. Ne dubito. Chi ci butta il sale, con quel che costa?”

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