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Covid, come comportarsi con le varianti: distanziamento, quarantena e vaccini

Le linee guida stilate nel documento di Inail, Iss, ministero della Salute e Aifa


ROMA. L’Inail, l’Iss, il ministero della Salute e l’Aifa hanno stilato un documento dal titolo ‘Indicazioni ad interim sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in tema di varianti e vaccinazione‘. In questo testo si leggono tutte le nuove raccomandazioni in materia. Compaiono una serie di novità rispetto a quanto ormai tutti sono abituati a rispettare. Alcuni punti: più di due metri di distanza da chiunque altro mentre si mangia, si beve o si sta senza mascherina, quarantena anche per chi è stato vaccinato se ha avuto un contatto stretto con positivo, vaccino in una sola dose dopo un periodo variabile tra i 3 e i 6 mesi dalla malattia per chi ha già contratto il Covid – a meno che non sia immunodepresso, a quel punto si accorciano i tempi e aumentano a due le iniezioni. Ecco tutte le misure nel dettaglio.

Distanziamento sociale aumentato a 2 metri, anche a tavola
Per impedire l’ulteriore circolazione di varianti del virus SarsCov2, rimane la distanza minima da adottare di un metro ma, si legge nel rapporto, sarebbe meglio aumentarla “fino a due metri, laddove possibile e specie in tutte le situazioni in cui venga rimossa la protezione respiratoria come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo”. Laddove dunque è ancora o sarà possibile sedersi a consumare in bar o ristoranti le distanze, e dunque la lunghezza dei tavoli, dovrebbe essere aumentata ulteriormente.

Vaccini, i casi particolari
Le persone con pregressa infezione da SARS-CoV-2 confermata da test molecolare, indipendentemente se con COVID-19 sintomatico o meno, “dovrebbero essere vaccinate”. Ma quando e con quale farmaco? “È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione e entro i 6 mesi dalla stessa”. Fanno eccezione le persone con condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, che, anche se hanno avuto il Covid, “devono essere vaccinate quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi”.

Il documento spiega anche che “non sembrano esserci differenze significative tra i soggetti positivi per SARS-CoV-2”, che hanno già avuto Covid-19, “e quelli negativi”. Tuttavia, “qualche recente segnalazione mostra reazioni avverse attese di natura sistemica, come febbre, brividi debolezza, mal di testa, più frequenti nei soggetti con pregressa infezione rispetto a coloro che sono risultati sieronegativi”. Cioè: chi ha già avuto il Covid, al momento della somministrazione del vaccino, potrebbe avvertire qualche sintomo lieve più frequentemente degli altri.

I contatti stretti di un caso di COVID-19 possono essere vaccinati ma “dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di potere essere sottoposti a vaccinazione”. Cosa si intende per contatto stretto? “L’esposizione ad alto rischio a un caso probabile o confermato; tale condizione è definita, in linea generale, dalle seguenti situazioni: una persona che vive nella stessa casa di un caso Covid-19, una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso Covid-19 (per esempio la stretta di mano), una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso Covid-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti, una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio una aula, una sala riunioni, la sala d’attesa dell’ospedale) con un caso Covid-19 in assenza di dispositivi di protezione come le mascherine Ffp2 e Ffp3 e i guanti o di dispositivi medici appropriati come le mascherine chirurgiche”. 
 
Contatto con positivo? Quarantena anche se sei vaccinato
Anche chi è vaccinato contro Sars-CoV-2 dopo un’esposizione ad alto rischio con un caso Covid, “deve adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione, a prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione”. Il vaccinato considerato ‘contatto stretto’ deve osservare, purché sempre asintomatico, 10 giorni di quarantena dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo al decimo giorno o 14 giorni dall’ultima esposizione.

Perché questo? “La vaccinazione anti-COVID-19 è efficace nella prevenzione della malattia sintomatica, ma la protezione non raggiunge mai il 100%. Inoltre, non è ancora noto se le persone vaccinate possano comunque acquisire l’infezione da Sars-CoV-2 ed eventualmente trasmetterla ad altri soggetti”, viene specificato nella relazione. Si sottolinea anche che alcune varianti “possano eludere la risposta immunitaria” data dai vaccini. “Segnalazioni preliminari suggeriscono una ridotta attività neutralizzante degli anticorpi di campioni biologici ottenuti da soggetti vaccinati con i vaccini a mRNA nei confronti di alcune varianti, come quella Sudafricana, e un livello di efficacia basso del vaccino di AstraZeneca nel prevenire la malattia di grado lieve o moderato nel contesto epidemico sud-africano”.
 
Il vaccino non è un ‘liberi tutti’
Ogni lavoratore, inclusi gli operatori sanitari, “anche se ha completato il ciclo vaccinale, per proteggere se stesso, gli eventuali pazienti assistiti, i colleghi, nonché i contatti in ambito familiare e comunitario, dovrà continuare a mantenere le stesse misure di prevenzione, protezione e precauzione valide per i soggetti non vaccinati, in particolare osservare il distanziamento fisico (laddove possibile), indossare un’appropriata protezione respiratoria, igienizzarsi o lavarsi le mani secondo procedure consolidate” si legge nel documento.
 
Rischio infezione, ma ridotto, anche per i vaccinati
Anche i soggetti vaccinati, infatti, “possono andare incontro a infezione da SARS-CoV-2, seppur con rischio ridotto, poiché nessun vaccino è efficace al 100% e la risposta immunitaria alla vaccinazione può variare da soggetto a soggetto. Inoltre, la durata della protezione non è stata ancora definita”. Uno studio condotto su oltre 6.600 operatori sanitari nel Regno Unito, citato dall’Inail nel documento appena diffuso, ha mostrato che nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 “la durata dell’effetto protettivo dell’infezione precedente ha una mediana di 5 mesi”.


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Pietro

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