Per l’uomo, originario di Trivento, tra dieci giorni scatterà la prescrizione. A Parigi, dove è fuggito da anni, ha aperto un ristorante molto gettonato non distante da Piazza della Bastiglia


CAMPOBASSO. Arresti delle Brigate Rosse in Francia, caccia al decimo brigatista, che è molisano ed è l’unico ancora latitante.

Una corsa contro il tempo, quella della polizia francese, visto che Maurizio Di Marzio, originario di Trivento, se riuscirà a sfuggire all’antiterrorismo e a rimanere nascosto per altri dieci giorni lo sarà a vita.

Sui 5 anni e 9 mesi di reclusione che ancora deve scontare per banda armata, associazione sovversiva, sequestro di persona e rapina, il 10 maggio scatterà infatti la prescrizione e il brigatista non sarà quindi perseguibile dalla giustizia italiana. Una corsa contro il tempo, quella della polizia francese e italiana, per localizzare Di Marzio, l’unico ricercato dopo i 7 arresti dell’altro giorno – tra loro anche un altro molisano, Enzo Calvitti di Mafalda – e dopo che Luigi Bergamin e Raffaele Ventura si sono costituiti.

di marzioDi Marzio, che in gioventù ha vissuto a Roma, a Trivento ha trascorso periodi nella casa di famiglia, alla periferia del paese. In Molise però non torna da decenni, da quando scappò in Francia per sfuggire al carcere.

Da allora a Parigi si è rifatto una vita e ha aperto un ristorante-negozio che si chiama ‘Baraonda’ non distante da Piazza della Bastiglia, dove serve piatti italiani molto apprezzati, come testimoniano le recensioni lusinghiere su Tripadvisor.

Appartenente all’ala militarista delle bierre, per Di Marzio sarebbe il secondo arresto in Francia: lo presero già una volta nell’agosto del 1994, sempre su richiesta dell’Italia, e l’anno dopo la Corte d’Appello espresse parere favorevole all’estradizione. Ma il decreto governativo non fu mai firmato e l’ex terrorista tornò libero.

Negli anni successivi, ricordano gli investigatori che non hanno mai mollato la caccia agli ex terroristi, si è sposato, ha aperto il ristorante e ha partecipato a diverse iniziative in favore dei rifugiati in Francia.

Negli archivi di polizia, il suo nome è legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e soprattutto al tentato sequestro del vicecapo della Digos della capitale Nicola Simone il giorno della Befana del 1982.

Tra i rifugiati a Parigi quell’agguato è contestato, oltre che a Di Marzio, anche a Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli e Marina Petrella. A Nicola Simone – che dopo la lotta alla Br è stato il primo direttore dell’Interpol Italia, del Servizio centrale operativo e a capo della missione interforze in Albania alla fine degli anni Novanta – lo Stato italiano ha conferito la medaglia d’oro al valore civile: “Vittima di un tentativo di sequestro da parte di alcuni terroristi armati penetrati con inganno nella sua abitazione – si legge nella motivazione – con estremo coraggio e decisione reagiva prontamente con l’arma in dotazione. Sebbene gravemente ferito, colpiva a sua volta un criminale, e messi in fuga gli altri aggressori ne consentiva poi l’individuazione e l’arresto”.

Il vicequestore, diventato poi prefetto, è morto poco più di un mese fa ad Avezzano. Dieci giorni dopo l’attentato, gli investigatori individuarono a Marino, vicino Roma, una villetta che doveva essere la prigione del popolo, come via Montalcini fu per Moro: all’interno c’era una tenda canadese, una branda, catene, lucchetti, armi, munizioni, targhe e documenti.

Iscriviti al nostro gruppo Facebook ufficiale 

isNews è anche su Telegram: clicca qui per iscriverti 

Per ricevere le nostre notizie su Whatsapp, clicca qui e salva il contatto!