Il 16 settembre il nuovo accertamento disposto dalla Procura di Campobasso, che indaga sulla morte del 38enne ucciso da una coltellata alla gola la notte tra i 24 e il 25 dicembre. Una vicenda di droga, così sembra, finita nella maniera più tragica. Altri rilievi anche sui cellulari


CAMPOBASSO. Omicidio di Natale, accelerazione nelle indagini sul drammatico episodio di sangue costato la vita a Cristian Micatrotta, il 38enne geometra di Campobasso accoltellato alla gola da Gianni De Vivo, nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, nei pressi del terminal di via Vico.

Indagini condotte dai carabinieri del capoluogo, con l’ausilio del Ris di Roma, e coordinate dal sostituto procuratore del Tribunale di Campobasso Elisa Sabusco.

Il 16 settembre i periti analizzeranno un’altra ferita, quella riportata da uno dei due uomini che erano con Cristian quella notte, prima e durante l’incontro con De Vivo. Si tratta di una ferita alla mano, un elemento non da poco conto per accertare chi aveva in mano il coltello che ha poi colpito Cristian.

La battaglia legale, che va di pari passo con gli accertamenti tecnico-scientifici condotti dagli stessi Ris, punta l’attenzione proprio su chi aveva portato il coltello. De Vivo, arrestato e in carcere per omicidio volontario, sostiene che l’arma non era sua. Stessa cosa dicono i due uomini, uno dei quali indagato per rissa, che erano con Cristian in via Vico, sotto casa di De Vivo. Fondamentale potrà essere dunque l’esame della ferita, considerando che sul coltello non ci sono impronte digitali, cancellate dal sangue, copioso, sgorgato dalla ferita della vittima.

Com’è emerso dall’autopsia svolta dalla Stefania De Simone, anatomopatologa dell’università di Foggia, incaricata dal Tribunale, alla presenza dei dottori Paolo Scarano, per la difesa di De Vivo e Vincenzo Vecchione, in rappresentanza dei familiari della vittima, Cristian è stato ucciso da un colpo alla gola. Un colpo sferrato dall’alto verso il basso, da dietro verso avanti, che gli ha reciso la carotide. Il giovane è morto per dissanguamento e a nulla, purtroppo, sono serviti i soccorsi arrivati in via Vico.

Sempre nel mese di settembre, a Roma, riprenderanno gli accertamenti tecnici sull’ultimo telefono da analizzare, per verificare il traffico e la successione delle chiamate e dei messaggi che si sono susseguiti nelle ore precedenti all’omicidio. Accertamenti essenziali, che dovrebbero poi portare la Procura a definire il quadro probatorio e a fare i passaggi successivi.

A difendere Gianni De Vivo è l’avvocato Mariano Prencipe, mentre la famiglia della vittima si è affidata a Fabio Albino e Domenico Fiorda.

Accanto a loro super consulenti. A supportare la famiglia di De Vivo e la difesa c’è Luciano Garofano, ex capo dei Ris di Parma, noto per essersi occupato di alcuni dei più efferati fatti di cronaca, dall’omicidio di Cogne e di Garlasco, alla strage di Erba, ai delitti commessi dal serial killer Donato Bilancia. I legali della famiglia Micatrotta si sono invece rivolti alla biologa e genetista Marina Baldi, esperta nello studio del Dna e di tracce e reperti biologici – si è occupata tra gli altri dell’omicidio di Yara Gambirasio, della scomparsa di Denise Pipitone, ma anche del delitto di Pier Paolo Pasolini, oltre che del caso di Stefano Cucchi – e a Nicola Caprioli, criminologo noto anche in America, oltre che in Italia, componente dello stesso staff della Baldi. Accanto a loro i tecnici informatici.

La pista che si segue è di una lite per questioni di droga – tracce di cocaina sono state trovate sui telefoni – finita nella maniera più tragica possibile. Con la morte di Cristian. Che ha sconvolto una città e straziato la famiglia. Che ora aspetta risposte.

C.S.