Isernia, 500km in bici per il Carnevale europeo delle maschere zoomorfe: la storia di Simone

Il giovane romagnolo, “non un hippie ma l’ultimo dei francescani”, è arrivato in città in questi giorni. Vive da nomade ormai da circa sette anni: “Ho scelto di lasciarmi alle spalle tante cose, ma ho trovato un altro tipo di ricchezza. In Molise vengo per passione e curiosità e per scoprire che esistete davvero”. GUARDA IL VIDEO


di Pietro Ranieri

ISERNIA. È arrivato a Isernia ieri, 22 febbraio. E subito la voce di questo ragazzone tutto barba e capelli, che gira in bici e sembra un senzatetto, è iniziata a circolare in città. Simone D’Antonio entra nella redazione di isNews per raccontare la sua storia e lo fa col sorriso, con semplicità, e come se fosse la cosa più normale del mondo fare mezza Italia in bicicletta per vedere il Molise. No, meglio: per vedere il Carnevale europeo delle maschere zoomorfe, in programma proprio a Isernia questo weekend. Qualcuno direbbe che è una follia, già così. Quel qualcuno, se sentisse la storia di questo 34enne romagnolo – di Rimini, per la precisione – avrebbe bisogno di sedersi e di un bicchiere d’acqua per scongiurare il mancamento.

Già, perché Simone non è un senzatetto a causa di qualche sventura; non ha perso il lavoro a causa del Covid reinventandosi poi come nomade del terzo millennio; la sua vita fatta di rinunce e di minimalismo non gli è ‘capitata’; è tutto frutto di una sua precisa scelta. Che viene da lontano. “Non sono un hippie, ma l’ultimo dei francescani”, scherza a microfoni spenti, condividendo un caffè prima di rimettersi in sella alla sua sgangherata bicicletta. Ormai da circa sette anni, Simone ha scelto di condurre una vita più semplice, fatta meno di oggetti o possedimenti e più di libertà – e di tanti sacrifici, certo, cosa di cui lui è perfettamente consapevole. “Sono più le volte che dormo fuori in tenda rispetto a quando riesco a stare su un divano da amici – spiega – ma così sento di non essere ‘ricattabile’ in alcun modo, capisci? Sono libero, per davvero”.

“Ho scelto di lasciarmi alle spalle tante cose, ma ho trovato un altro tipo di ricchezza: quando un vecchietto dai capelli bianchi mi racconta una storia, o quando incontro delle persone con cui riscoprire il valore dell’umanità, dell’ospitalità, della condivisione”. Si, ma perché arrivare in Molise? “Ho scoperto del Carnevale a Isernia tramite i social, me l’ha segnalato un’amica. Ho deciso di partire per mia passione sull’argomento ‘maschere zoomorfe’, quindi diciamo per curiosità; e poi per scoprire che esistete davvero!”, scherza. Simone ha fatto studi in pedagogia e lavora come educatore in varie cooperative. “Ma giusto quei 3-4 mesi l’anno per pagare il cibo e le ricarice del cellulare”, precisa. Uno smartphone di almeno dieci anni fa, con lo schermo rotto, che si scarica subito – “certo, vediamoci per l’intervista, ma dammi un riferimento così chiedo indicazioni, le mappe non mi funzionano“. I suoi averi sono tutti con lui, ‘accrocchiati’ sul suo unico mezzo di trasporto – anch’esso, non proprio d’ultima generazione – e sono per la maggior parte doni oppure oggetti recuperati. “Così porto con me anche tutte le persone che ho incontrato lungo la strada. Questa felpa per esempio viene dal Nepal. Invece questo zaino me l’ha donato una mia cara amica, col cuore, proprio. La sella della bicicletta – mostra, anche con un certo orgoglio – me l’ha sistemata un signore con del silicone, io l’ho solo rinforzata con un po’ di nastro adesivo che mi hanno dato degli sfasciacarrozze lungo il tragitto. Non sarà bella da vedere, ma mi ha portato fin qui, e anche comodamente!“. Di solito non chiede retribuzione per quello che fa: gli basta ricevere qualcosa in cambio, del cibo, o vestiti. “Faccio l’educatore o svolgo lavori socialmente utili, magari la spesa per gli anziani, o tengo loro compagnia, con piccoli servizi di tutti i giorni. Sono tornato un po’ al baratto, ma non perché io creda che il passato sia meglio del presente: semplicemente vivo di ciò che mi viene donato, non ho bisogno di altro”, sottolinea. “Farlo capire anche a chi m’incontra è difficile, pensano tutti che io sia in difficoltà e magari mi vogliono dare qualche spiccio per un caffè. Ma se volessi, domani mattina saprei già dove andare a lavorare. Paradossalmente ho ricevuto più offerte da quando faccio questa vita che non prima, quando ero un ‘normale’ impiegato inquadrato con l’auto e la casa di proprietà!”. Sono affascinanti la lucidità, la semplicità e l’umiltà con cui Simone racconta di sé, delle sue scelte, della sua vita. “Alla fine della giornata, io sono felice“. E questa è davvero l’unica cosa che conta.