Il blitz dei carabinieri del Noe è scattato alle prime ore dell’alba di oggi in diverse regioni. Sono undici le persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Roma


VENAFRO/ROMA. Ha toccato anche il Molise e, in particolare l’area del Venafrano, l’inchiesta coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Roma sul traffico illecito di rifiuti. Sono 11 le persone coinvolte in diverse province italiane e tra loro figurano due imprenditori molisani arrestati questa mattina dai carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica con il supporto dei militari della Compagnia di Venafro. Gli 11 provvedimenti cautelari personali, emessi dal Gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di altrettanti imprenditori, titolari di aziende di trasporto e società di intermediazione, operanti nel settore della gestione dei rifiuti, gravemente indiziati per i reati di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti riciclaggio e autoriciclaggio, gestione illecita di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva sono stati eseguiti questa mattina nelle province di Napoli, Milano, Roma, Brindisi, Chieti, Caserta, Frosinone, Salerno e – si diceva – Isernia.

LE INDAGINI. Il blitz di questa mattina è scattato a seguito di una complessa attività investigativa, focalizzata sul fenomeno degli abbandoni di rifiuti speciali pericolosi e non, condotta dal Nucleo Operativo Ecologico di Salerno e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Roma. L’indagine ha consentito di accertare a carico degli indagati azioni finalizzate a porre in essere attività illecite in materia di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi. Per gli investigatori, in particolare, mediante l’utilizzo di automezzi – noleggiati presso società terza estranea ai fatti – e con mezzi fraudolenti ricevevano da ignare società produttrici di rifiuti speciali non pericolosi – in prevalenza rifiuti urbani misti – e rifiuti speciali pericolosi – in prevalenza miscele bituminose – provenienti dai rifacimenti dei manti stradali, per una quantità complessiva accertata pari a circa 7.000 tonnellate, per illegalmente smaltirli, mediante l’abbandono all’interno di un capannone in provincia di Frosinone su alcuni terreni agricoli in provincia di Bari e Brindisi e Lecce, nonché all’interno di una ex area industriale in provincia di Salerno.

L’INCHIESTA PARTITA DA SORA.
Il via alle indagini è stato dato dopo il rinvenimento a Sora, di un capannone industriale colmo di rifiuti speciali in balle, costituiti da residui dell’attività di recupero/trattamento dei Rsu Le successive attività investigative hanno consentito di individuare le aziende produttrici dei rifiuti e le società di trasporto responsabili dell’illecito traffico. Nel dettaglio, gli elementi raccolti hanno consentito di suddividere l’indagine in tre fasi, tratteggiate in relazione alla tipologia e alla destinazione finale dei rifiuti illecitamente gestiti.

PRIMA FASE. La prima fase riguarda la gestione di 860 tonnellate circa di rifiuti speciali (plastiche e gomme frammiste a residui di RSU), raccolti presso alcune imprese campane e illecitamente abbandonati nel citato capannone di Sora (FR), regolarmente preso in affitto da uno degli indagati.
SECONDA FASE. Riguarda invece la gestione di 126 tonnellate circa di rifiuti speciali (residui del trattamento dei RSU), provenienti da impianti di recupero della Campania e della Puglia, successivamente abbandonati in territorio pugliese su alcuni terreni e perfino, in una circostanza, nel parcheggio di un supermercato.
TERZA FASE. L’ultima fase, infine, riguarda la gestione illecita di 6.000 tonnellate circa di diverse tipologie di rifiuti speciali anche pericolosi, provenienti da produttori di area campana, abbandonati lungo arterie stradali secondarie o terreni incolti.

Gli accertamenti investigativi, svolti con la predisposizione di specifici servizi di osservazione, controllo e pedinamento e attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno permesso di individuare tutti i componenti del sodalizio criminale.
Circa 7.000 tonnellate sono state le quantità stimate di rifiuti smaltiti mediante attività di abbruciamento, interramento e occultamento in aree agricole e capannoni industriali, che avrebbero consentito agli indagati di trarne un ingiusto profitto per un importo complessivo stimato in circa 1.000.000,00 euro.

I SEQUESTRI. Le somme così incassate, al fine di occultarne la provenienza illecita, erano poi oggetto da parte degli indagati di illecite operazioni finanziarie di riciclaggio.
Oltre ad eseguire le 11 ordinanze di custodia cautelare in regime di arresti in carcere e domiciliari, sono state sequestrate le quote delle 2 società, i cui titolari sono ritenuti tra i principali organizzatori del traffico di rifiuti. Nel corso delle indagini erano già stati sequestrati il capannone di Sora alcuni rimorchi carichi di rifiuti abbandonati in una area di parcheggio di un supermercato di Mesagne e una ex area industriale nel Comune di Pontecagnano.

“L’operazione – si legge nella nota dei Carabinieri – si inserisce nell’ambito di una più ampia manovra che l’Arma, attraverso i Reparti speciali per la Tutela Ambientale, ha adottato nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata ambientale e nelle attività di prevenzione degli illeciti ambientali e del traffico di rifiuti sul territorio nazionale e comunitario. È d’ obbligo rilevare che gli indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza”.