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Papa Dolceamaro ‘sfila’ in passerella nel Salon du Chocolat di Milano

Silvano, quanto è importante essere presenti qui oggi?

Siamo stati invitati dall’organizzatrice, ne ho parlato con il responsabile marketing e comunicazione ed eccoci qua. Nel mondo delle fiere si incontrano diversi attori. Partecipiamo agli incontri di settore per capire il mercato e cosa fanno gli altri players. Ma qui ci confrontiamo soprattutto con il mercato dei consumatori. È un’esperienza nuova e importante a Milano, perché i marchi sono prestigiosi. Avremo un report interessante, tornati a casa.

Quando e dove nasce la passione dei fratelli Papa per il cioccolato?

Stand PapaSiamo nati in Svizzera e tornati in Italia con i nostri genitori. Mia madre è di Gragnano e mio nonno era un mastro pastaio. Mio padre invece è di Cassino dove nel 1975 ha iniziato l’attività commerciale delle bomboniere nell’ambito cerimoniale. La tradizione commerciale ci ha portato in Molise, a Isernia, quando abbiamo deciso di espandere la produzione: nel ‘77 nasce il laboratorio e oggi è diventato il nostro mestiere, per il quale siamo conosciuti. Non più solo per i confetti, ma anche per il cioccolato grazie alla presenza nel canale dell’Ho.re.ca. con i monodose e a livello internazionale con l’esportazione di molti macaron.

Quali sono le vostre caratteristiche produttive?

La caratteristica dell’artigiano è quella di mantenere la lavorazione artigianale, ovvero lavorare i prodotti con cura, quella industriale è la capacità di trasformazione e la capacità di produzione come il controllo della qualità, i vari processi di delega e una capacità tecnologica che mantengano gli standard alti. La nostra sfida è mantenere la caratteristica di prodotto artigianale con una capacità di trasformazione importante.

Quanto è difficile fare impresa in Molise,?

L’impresa in Molise è complessa perché dovremmo avere una maggiore capacità come territorio di attirare talenti e imprese. Il principale limite è legato alle infrastrutture. Pensiamo ai treni con un solo binario, è un limite. Dovremmo avere una linea ferroviaria migliore. Abbiamo anche poche imprese.

Quanto vende Papa in Molise, in Italia e all’estero?

La nostra quota di mercato molisano nell’ambito italiano è la terza, dopo il Lazio e l’Abruzzo-Marche. All’estero abbiamo quote d’esportazioni importanti in venticinque paesi del mondo. La quota dell’export quest’anno (2016, ndr) ha superato la quota Italia: 54% export, 46% Italia, nel 2015 invece: 49% export, 51% Italia. L’estero ti offre un grande opportunità, si sfrutta il made in Italy.

E il made in Molise?

Prima del made in Molise, dobbiamo parlare del made in Italy. Purtroppo nel nostro territorio non si crea un network in grado di attirare.

Progetti per il futuro?

Pensiamo al ‘mondo’ delle mandorle, un prodotto tipico del nostro territorio. La filiera delle mandorle ci vede coinvolti come attori principali del territorio. L’obiettivo è quello di coltivare e selezionare le mandorle che siano idonee al nostro lavoro. Il progetto di filiera nasce dalla tradizione dei monaci benedettini di San Vincenzo e Montecassino, che rilanciarono la coltivazione delle mandorle utilizzandole nel mondo delle cerimonie come simbolo di fertilità. Questa tradizione mandorlifera si è persa per l’incuria. Sono piante che richiedono molta assistenza. Negli ultimi cento anni si è perso quasi tutto. La piazza di Bari fino agli anni ‘50 aveva la borsa mondiale per le mandorle, poi anche loro, infatuati dall’industrializzazione, hanno perso il rapporto con questo frutto. Negli ultimi anni hanno ripreso a coltivare e noi facciamo parte di quella schiera di aziende.

Quindi anche produttori di materia prima?

Il nostro scopo come Dolceamaro è quello di avere delle mandorle di eccellenza in grado di soddisfare le nostre esigenze, ovvero avere una mandorla perlata idonea per la confettatura e una mandorla naturale tostata ideale per essere ricoperta di cioccolata. Puntiamo ad allargare molto la nostra coltivazione anche attraverso le serre, per creare la pianta direttamente dal seme e, perché no, tornare allo splendore di una volta nelle nostre terre.

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