Il quotidiano ha dedicato un ampio servizio alle strutture che aiutano i pazienti malati di Alzheimer a viaggiare nei luoghi della memoria. Tra esse, anche quella di Monteroduni


MONTERODUNI. Viaggi a bordo di un treno virtuale alla scoperta dei luoghi della memoria. E’ la Trenoterapia, che aiuta i malati di Alzheimer a combattere il wandering, il disturbo del ‘vagabondare’ che, per chi soffre di questa patologia, vuol dire non riuscire a stare fermo, neppure di notte, e uscire per poi perdersi lungo strade che un tempo, invece, erano familiari.

In Italia sono solo nove le strutture che offrono questo tipo di servizio. E tra queste c’è il centro diurno Témenos di Monteroduni. Il quotidiano ‘La Repubblica’, pochi giorni fa, ha compiuto un viaggio alla scoperta di questo prezioso strumento che consente ai pazienti, attraverso il ritmo di un vagone immaginario, di tornare indietro nel tempo in quella che viene definita la ‘casa della memoria’ (nella foto a destra).treno1

La terapia del viaggio è stata ideata nel 2009 da Ivo Cilesi, psico-pedagogista con una specializzazione in Musicoterapia. Lo specialista è consulente anche della struttura di Monteroduni, oltre che di diversi centri Alzheimer in Italia e in Europa e collabora con il ministero della Salute di Cuba. “La trenoterapia – si legge nel servizio de ‘La Repubblica’ – si prefigge di ridurre i disturbi del comportamento e dell’umore come l’insonnia, l’aggressività, la depressione; e di ridurre il cosiddetto wandering e l’assunzione dei farmaci. Il metodo prevede, appunto, di simulare un viaggio in treno, e di proiettare dei video di località che possono essere state parte della vita dei pazienti. I video sono realizzati dallo stesso Cilesi: il mare della Liguria, Rimini, le Alpi svizzere”.

Il protocollo prevede un ciclo di dieci sedute, per un viaggio a settimana. Nel documento che ha redatto con le indicazioni e le linee guida, Cilesi scrive “l’operatore deve utilizzare frasi come “Andiamo a fare un giro, le piacerebbe? Devo andare in treno, vuole venire con me? Mi accompagna? Ho due biglietti, viene con me?”.

La meta non deve essere mai esplicitata dall’operatore. “Alcuni pazienti dicono “Andiamo a casa” – spiega Cilesi al giornalista Valerio Millefoglie – dove per casa non s’intende l’ultima in cui hanno vissuto. A volte è la casa d’infanzia; i malati hanno una memoria remota che permette loro di ricordare immagini di quando avevano sei anni, ma non di un momento prima. In generale, comunque la casa è lo stare in carrozza, è la relazione che si crea. Tentiamo di dare una valutazione attraverso indicatori scientifici – precisa Cilesi – Prima e dopo ogni terapia viene controllata la pressione. In alcuni casi mettiamo un conta-passi in modo da monitorare il livello di wandering. Abbiamo notato che prima del viaggio un individuo cammina 10 km. Dopo il viaggio diventano invece 6 km al giorno. Se so che un paziente intorno alle quattro del pomeriggio si agita, un’ora prima lo faccio viaggiare in modo che possa beneficiare del rilassamento”.temenostreno

Tra i compagni di viaggio possono esserci anche i familiari, che sono spesso la parte più fragile e che più necessita di supporto. “Spesso proprio i parenti non riconoscono la malattia – conclude lo specialista – non l’accettano. Fare il viaggio serve anche a questo”. E presso Temenos questo viaggio è possibile.

Va detto che per la struttura della provincia di Isernia non è la prima volta che si registra un proscenio nazionale. Già nel maggio 2016, presso l’Exposalute di Bologna, furono proiettate le immagini del centro, valutato in quel contesto come uno dei meglio attrezzati e confortevoli in Italia.

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