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Sprar, Cat e una città divisa: l’istantanea dell’immigrazione a Isernia

Numeri in costante aumento: il no allo Sprar ‘vale’ 492 richiedenti asilo sul territorio. I dubbi sulla clausola di salvaguardia


ISERNIA. Da una parte la solidarietà e la voglia di integrazione. Dall’altra la paura, la consapevolezza di non avere gli strumenti adeguati per l’accoglienza e, in alcuni casi, il pregiudizio. Isernia non è una città razzista, ma certo è che l’opinione pubblica è divisa sull’emergenza con cui, come tante realtà d’Italia, si trova a dover fare i conti: quella legata ai migranti.

Un fenomeno che coinvolge – e anche in maniera forte – quest’angolo del Molise, tra luci e ombre, come è inevitabile che sia. I primi arrivi dei richiedenti asilo risalgono ormai a circa due anni fa. E, al 31 marzo scorso, il capoluogo pentro ospitava 166 immigrati, dislocati in 5 Cat, i Centri di accoglienza temporanea. Tutte strutture private perché la città non è estranea a quello che – a tutti gli effetti – rappresenta il vero business della nostra epoca. Soprattutto se si considera la crisi economica che non concede tregua e le difficoltà in cui versano anche quei settori un tempo considerati ‘fiore all’occhiello’ dell’economia locale.

Una convivenza vissuta da molti come l’occasione per provare a fare integrazione, quella vera. Ma per altri il timore per ciò che non si conosce e che si vede come ‘altro’ finisce per avere il sopravvento e scatena la paura e, quindi, il rifiuto.

botteokVa detto che i numeri di Isernia, come anche nel resto della provincia e della regione, risultano essere più elevati rispetto al famoso 2.5 per ogni mille abitanti, previsto dall’accordo tra Anci e Governo siglato la scorsa estate. Percentuali che la Prefettura ha provato ad abbassare invitando tutti i Comuni della provincia ad aderire allo Sprar (Servizio protezione rifugiati e richiedenti asilo). Il progetto prevede l’attivazione di centri di accoglienza gestiti a livello pubblico dai Municipi. In tal modo, grazie alla cosiddetta ‘clausola di salvaguardia’, si limiterebbe la diffusione delle strutture private e si favorirebbe una gestione più oculata, oltre a un’accoglienza diffusa in maniera più capillare e meno ‘impattante’ sul territorio. Nello specifico, a Isernia sarebbe toccato uno Sprar con 266 migranti in tutto, che avrebbe comportato la progressiva chiusura – almeno sulla carta – dei Cat, i centri d’accoglienza temporanea. Ma proprio questo è il punto: con l’emergenza estate alle porte, davvero il tetto di 266 migranti sarebbe invalicabile? Nessuno può dirlo.

In attesa che gli amministratori deliberassero l’adesione o mano al progetto realizzato da Anci e Governo, quel malessere tenuto più meno latente è esploso con tutta la sua forza in città. A innescare la ‘bomba’ è stata una maxi-rissa che alla fine di marzo ha visto coinvolte due ‘bande’ di migranti di diversa etnia nei pressi del centro di accoglienza di via Giovanni XXXIII. L’ipotesi investigativa più accreditata parla di una ‘guerra’ tra gruppi di immigrati per la spartizione della piazza dello spaccio a Isernia. Il caso si è chiuso con l’arresto, da parte della polizia, di tre nigeriani e tre afghani. Qualche giorno dopo, altri sette stranieri sono stati denunciati, grazie alla loro identificazione consentita dai filmati estrapolati dalle telecamere.

Un episodio di cronaca che ha fatto da detonatore e ha spaccato in due la città. Seguito da un tentato omicidio, a Cantalupo nel Sannio, di un anziano da parte di un migrante, che lo ha aggredito per futili motivi a colpi di bastone sulla testa. Risultato: manifestazioni di piazza da parte di chi da sempre è contrario all’accoglienza, almeno secondo i modelli propugnati da ministero dell’Interno e prefetture. Naturalmente, non sono mancate le prese di posizione ‘a favore’, da parte di quei cittadini e quelle associazioni che, ogni giorno, provano a fare accoglienza. Il dibattito si è così accesso tanto nei bar quanto sui social network, fino ad arrivare nell’aula consiliare di palazzo San Francesco, dove proprio in quei giorni, gli amministratori sono stati chiamati a decidere cosa fare.

fernando guida 1Su richiesta proveniente da più parti, il sindaco Giacomo d’Apollonio ha convocato un’assemblea pubblica seguita da una seduta monotematica del Consiglio comunale, sul tema immigrazione. Proprio in quella sede, con un apposito atto di indirizzo votato a larga maggioranza – 27 favorevoli, 3 contrari e 3 astenuti – il Consiglio comunale ha impegnato l’amministrazione a scartare l’ipotesi, caldeggiata a più riprese dal prefetto di Isernia Fernando Guida, di gestire l’accoglienza dei migranti a livello di ente pubblico. No, dunque, allo Sprar. Una decisione che ha provocato forte malcontento da parte di alcuni gruppi di sinistra radicale e tra cittadini ‘solidali tout court’, alimentando ulteriori divisioni, ma stavolta tra gli isernini. Fatto è che lo scorso 5 maggio è scaduto il termine per aderire all’iniziativa e Isernia non figura tra i  Comuni che invece hanno deciso di attivarsi.

Lo scorso 28 giugno, tuttavia, la prefettura ha reso noto che il Comune di Isernia non potrà avvalersi del ‘congelamento’ al 2016 dei numeri per l’accoglienza (266), venendo invece inserito nel bando per il numero di posti previsto per il 2017, cioè 492. Numeri da capogiro, per una piccola provincia in rpogressiva desertificazione come Isernia. Polemiche, inoltre, anche per il trasferimento del Cat di via Giovanni XXIII, dove era scoppiata la rissa, in un’altra struttura in viale dei Pentri. In città è partita una raccolta di firme da parte di residenti e commercianti della zona per dire “stop all’immigrazione incontrollata”. Ma cosa accadrà davvero, in futuro, è impossibile prevederlo. Naturalmente al momento non è possibile prevedere cosa a accadrà in futuro. La Giunta comunale ci ripenserà farà e scelte diverse? Difficile fare previsioni. Per ora resta una comunità divisa e ‘prove tecniche’ di accoglienza. Tra i progetti in atto ce ne è uno che ha coinvolto alcune migranti che, in questi mesi, hanno imparato a conoscere le tecniche e i segreti dell’arte del tombolo. Immaginando una città multietnica e multiculturale, un giorno potremmo forse vederle sedute nei vicoli del centro storico insieme alle donne isernine, impegnate nel realizzare piccoli capolavori d’artigianato. E quella sì che sarebbe vera integrazione.

Deborah Di Vincenzo

 

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