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Aborto, il caso del Molise ‘Alabama d’Italia’ finisce su Wired

Il noto e lettissimo magazine online analizza, in un articolo di Chiara Lalli, lo stato del servizio sanitario regionale in materia di interruzione di gravidanza: i dati ufficiali, impietosi, del primato


CAMPOBASSO. Un solo ginecologo su 27, in Molise, non è obiettore di coscienza: Michele Mariano, direttore del centro regionale per la procreazione responsabile, istituito con la legge 194/78. È così che conquistiamo il primato di Regione con percentuale più alta di obiettori e una sola struttura, il ‘Cardarelli’ di Campobasso, dove si esegue l’interruzione volontaria di gravidanza. Nemmeno se si contano gli anestesisti la situazione migliora: il 71,9% è obiettore, su 23 presenti in regione. Il che risulta strano, se si analizza l’articolo 9 della 194, secondo il quale l’obiezione di coscienza “esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.

I dati giungono direttamente dal ministero della Salute e riguardano l’attuazione della 194, alla tabella 28, denominata “Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’Igv, 2017”. E sono finiti sotto la lente di Chiara Lalli, filosofa e giornalista, autrice del libro “A. La verità, vi prego, sull’aborto”. L’analisi lucidissima – e vibrante di una motivata indignazione – della Lalli è stata pubblicata su Wired alla luce del recente provvedimento sull’aborto ratificato in Alabama, che ha messo fuori legge l’interruzione volontaria di gravidanza anche in caso di stupro o incesto, ammettendone invece il ricorso solo in caso di serio pericolo per la sopravvivenza della madre.

“Ci sono molti modi per ridurre o eliminare un diritto – scrive l’autrice – Si può cambiare la legge oppure, più discretamente e indirettamente, trovare un modo per rendere la sua applicazione sempre più incerta.” E ancora: “Com’è possibile garantire un servizio quando solo l’1% del personale non sceglie di obiettare? Come sarà la vita di quell’unico medico? C’è qualcosa che non ha funzionato nell’applicazione dell’obiezione di coscienza? […] Quando e perché abbiamo cominciato a interpretare quelle azioni ‘specificamente e necessariamente dirette’ in modo tanto disinvolto? E perché a nessuno sembra importare che un servizio sanitario sia offerto a singhiozzo e un po’ dove capita? Cosa succederà quando i pochi non obiettori andranno in pensione?”

“Le domande sono sempre le stesse – chiosa, amaramente, la Lalli. “Le risposte sono spesso evanescenti. E la sorpresa indignata è la più inutile delle reazioni. Non c’è niente di nuovo infatti, né in Molise né in Alabama. Stamattina ripensavo a George Tiller, ammazzato 10 anni fa, e ai tanti medici che vengono aggrediti, insultati, minacciati. Qui almeno siamo meno aggressivi. Ci limitiamo a erodere un servizio sanitario e a commentare che, fortunatamente, quel dolore necessario che è per forza ogni aborto volontario non lo abbiamo subito. Forse potremmo cominciare da qui. Da questo vittimismo falso e lagnoso. Da questa convinzione paternalistica e sbagliata che per ogni donna decidere di abortire è necessariamente un dolore che è impossibile consolare. Dalla ripetizione di commenti e dalle mani avanti, come nessuna donna vuole abortire. L’aborto, se volontario e scelto, è sempre moralmente irreprensibile”.

Pietro Ranieri

 

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