HomeNotizieCRONACABotte da orbi in carcere, altri telefonini trovati nelle celle: l’ombra delle...

Botte da orbi in carcere, altri telefonini trovati nelle celle: l’ombra delle lotte di potere fra clan criminali

“Il mondo del carcere non è a sé, come sindacato e come agenti di polizia penitenziaria lo diciamo da anni. Ora anche i magistrati ne hanno preso contezza, nelle carceri non comanda più lo Stato. E quello che accade nelle altre regioni, negli altri istituti penitenziari non è poi così slegato dalle vicende locali – avverte ancora Di Giacomo -. L’arresto dei capi clan ha lasciato dei posti vuoti, che vengono riempiti da ragazzi disposti a tutto”. Ragazzi che hanno trascorso periodi di detenzione, che magari hanno stretto rapporti con i compagni di cella che oggi, utilizzando appunto i microtelefonini, possono essere contattati, raggiunti, assoldati.

Non solo criminali di nazionalità italiana ma rischio radicalizzazione islamica, la possibilità che proliferino nelle celle le affiliazioni ai vari sodalizi criminali, non ultimo quello della temuta e pericolosa mafia nigeriana.

“Il Molise non è esente – avverte il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria – basti pensare che anche sulla costa molisana la gestione della prostituzione è in mano loro”.

Ad oggi nel carcere di via Cavour, situato in pieno centro cittadino, si registra un 50% di detenuti in più rispetto agli standard. E di conseguenza gli organici, che restano sempre identici, diventano carenti. Il numero degli extracomunitari presenti è al di sotto della media italiana. Ma si conta il più alto numero di detenuti borderline: persone che abusano di sostanze stupefacenti, di alcol, che hanno problemi psichiatrici e che diventano una miccia per eventuali situazioni critiche che si possano paventare nelle celle. L’istituto di Larino è uno dei più sovraffollati d’Italia, il 220% in più di detenuti rispetto a quanti ne potrebbe ospitare. Ma, come rimarca Di Giacomo, lì c’è un modus operandi che riesce a sopire gli episodi di ribellione: meccanismi premiali, la possibilità di eseguire percorsi scolastici e universitari.

“E’ evidente e lo dico da sempre, il disinteresse della politica verso il mondo delle carceri – conclude Di Giacomo – basti pensare che nel ‘Decreto Sicurezza bis’, dietro la nostra sollecitazione, avevamo chiesto di introdurre una pena superiore ai 5 anni per quei detenuti trovati con un telefonino in carcere, sanzioni penali anche per i familiari che introducono i dispositivi proibiti. Avevano proposto di eliminare i benefici concessi. Niente, tutte proposte bocciate. Il problema non è solo rappresentato dal mondo della politica, anche i sindacati hanno delle responsabilità. Se i dirigenti sono pensionati che da 12 anni minimo non lavorano nelle carceri, non hanno contatti con quello che accade dentro, con le nuove modalità con le quali i detenuti si rapportano all’istituzione penitenziaria, è difficile riuscire ad essere incisivi”.

Unisciti al gruppo Whatsapp di isNews per restare aggiornato in tempo reale su tutte le notizie del nostro quotidiano online: salva il numero 3288234063, invia ISCRIVIMI e metti “mi piace” al nostro gruppo ufficiale

Più letti

Campobasso, gli allievi carabinieri in convegno sulla sicurezza digitale

Combattere il bullismo, il cyberbullismo e le truffe amorose nell'era dei social network: oltre 500 partecipanti CAMPOBASSO. Venerdi 26 aprile si è svolta presso la Scuola...
spot_img
spot_img
spot_img