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Coronavirus, la giungla dei tamponi: Molise come la Lombardia, test col contagocce

Il rapporto della Fondazione Gimbe su dati della Protezione civile: dal 21 aprile al 6 maggio 76 test al giorno ogni 100mila abitanti. L’appello a Speranza per la Fase 2: standard minimo sia 250 screening quotidiani; le Regioni evitino comportamenti opportunistici volti solo a scongiurare altri lockdown


di Pasquale Bartolomeo

CAMPOBASSO. Dall’inizio dell’epidemia sono stati effettuati in Italia 2 milioni 310.929 tamponi di cui il 67,1 per cento ‘diagnostici’ e il 32,9 per cento ‘di controllo”. E solo Veneto, Val D’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Province autonome di Trento e Bolzano si collocano in ‘classe 2’, la soglia raccomandata, con un intervallo compreso tra 130 e 250 tamponi al giorno ogni 100mila abitanti.

Lo rivela un’indagine della Fondazione Gimbe su dati della Protezione civile, relativa all’intervallo 21 aprile-6 maggio. La media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti al giorno colloca l’Italia nella classe di propensione 4, con notevoli differenze regionali. Le Regioni sono state suddivise secondo le 5 classi di propensione all’esecuzione dei test naso-faringei, frutto di una recente analisi della Fondazione Hume in relazione al numero di tamponi per 100mila abitanti al giorno, che risulta inversamente correlato alla mortalità: più tamponi, meno decessi.

Il risultato dell’indagine, comunque, ‘promuove’ solo il Veneto tra le regioni più colpite dal coronavirus, a differenza dell’Emilia-Romagna e del Piemonte, in classe 3 con Umbria e Liguria (intervallo compreso tra 100 e 129 tamponi) e della Lombardia, che nonostante gli 80mila contagiati ufficiali e gli oltre 14mila morti, si colloca addirittura in classe 4 (60-99 tamponi insieme a Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio).

gimbe2Come riferisce Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, c’è una chiara correlazione tra maggior monitoraggio della popolazione e riduzione degli accessi nelle strutture ospedaliere: “Rispetto alla ridotta pressione sugli ospedali, il numero dei nuovi casi è influenzato dal numero dei tampowni eseguiti dalle Regioni e pertanto soggetto a possibili distorsioni”. I dati, chiarisce la Fondazione Gimbe, “confermano la resistenza di alcune Regioni a estendere massivamente il numero di tamponi”, in contrasto con raccomandazioni internazionali, quali quelle dell’Oms, evidenze scientifiche e perfino con la disponibilità di reagenti.

“Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – continua Cartabellotta – forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono ‘di controllo’; in secondo luogo, il numero di tamponi per 100mila abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella Fase 2; infine, esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’esecuzione dei tamponi, sia rispetto alla percentuale di tamponi diagnostici”.

“Alla luce di questi dati la Fondazione Gimbe – conclude Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al Ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della Fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100mila abitanti. Il Governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”.

In dettaglio, nel periodo di analisi 22 aprile-6 maggio:

       Classe 1 (>250): nessuna regione

       Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia.

       Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria.

       Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio.

       Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia.

Il Molise, dunque, fa compagnia alla Lombardia, dove l’emergenza ha avuto un impatto profondamente diverso in termini di contagi e decessi. Il controllo sui pazienti Covid, sui loro contatti e sui lavoratori esposti è ancora limitato, e questo nell’attuale fase di riaperture condizionate è un dato che preoccupa, visto che, come detto da vari scienziati, un nuovo aumento dei contagi e dei ricoverati rischierebbe di riportarci al lockdown.

Nella nostra regione, tuttavia, il numero dei cluster e del totale dei contagi fa ben sperare; non così, invece, il parametro R0, che misura l’indice di contagio e che vede per la nostra regione il primato con un valore di 0,84, come riportato ieri dal Corriere della Sera.

 

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